In un'Italia dove il paradosso sembra essere diventato la norma, eccoci servito l'ultimo episodio di una tragicommedia familiare che avrebbe fatto storcere il naso persino a Kafka.
Parliamo di Villasor, un luogo che, nonostante il nome possa evocare idilliache visioni campestri, si trova a fare i conti con una realtà degna del miglior (o del peggiore, dipende dai punti di vista) reality show giudiziario. Un giovane di 25 anni, che evidentemente ha interpretato il concetto di "famiglia" con un approccio più da lottatore MMA che non da figlio amorevole, è stato finalmente messo a freno da un giudice che, a quanto pare, ha deciso di giocare a fare il Grande Fratello.
Sì, perché al nostro 25enne di Villasor non è bastato trasformare la casa dei propri genitori in un ring: ha dovuto spingersi oltre, fino a costringere la mano della giustizia a intervenire con misure che sembrano uscite da un romanzo distopico. Un braccialetto GPS per controllare i suoi movimenti, come se fosse il nuovo accessorio di moda per giovani ribelli senza causa. E i genitori? Ah, loro ricevono un cellulare, probabilmente nell'illusione che la tecnologia possa fare miracoli, inclusa la prevenzione di nuovi atti di violenza domestica.
Ma non finisce qui. Al nostro aspirante despota domestico viene imposto di non avvicinarsi a meno di 500 metri dall'abitazione familiare. Un divieto che, sulla carta, dovrebbe rassicurare i genitori. Peccato che, conoscendo la creatività italiana nel trovare scappatoie, siamo portati a domandarci quanto effettivamente questo possa tenere a bada l'istinto bellicoso del ragazzo.
Questo è l'ennesimo esempio di come, in Italia, si tenda a rispondere a problemi complessi con soluzioni che rasentano il ridicolo. Invece di affrontare seriamente il problema della violenza domestica, con interventi mirati e supporto psicologico, ci si affida a braccialetti elettronici e divieti di avvicinamento che hanno il sapore di una soluzione tanto improvvisata quanto inefficace a lungo termine.
In conclusione, mentre Villasor torna alla sua routine, tra un controllo GPS e un'occhiata ansiosa al cellulare, ci si chiede se non sia il caso di rivedere le priorità di un sistema che sembra preferire il teatro dell'assurdo alla reale soluzione dei problemi. Ah, l'Italia: un paese dove la realtà supera la fantasia e dove, a quanto pare, per tenere a bada i figli ribelli, non bastano più le buone vecchie metodologie educative, ma servono gadget da spionaggio internazionale. Che tempi, signori, che tempi.