Nella tranquilla Isola Rossa, piccolo gioiello della costa sarda e luogo prediletto dai villeggianti, l'idillio estivo sembra incrinato da una polemica balneare.
Qui, dove il mare sfoggia tutte le sue tonalità azzurre e il sole danza vigoroso sulla pelle degli ospiti, si è alzato un tumulto inaspettato.
Un manipolo di indigeni, avidi del dominio arenoso, ha deciso di porre un presidio all'italiana sulla spiaggia. Con la loro artiglieria da spiaggia - ombrelloni e accampamenti vari - la mattina anticipano l'invasione, seminano le loro insidie, per poi ritirarsi in buon ordine verso mezzogiorno. Solo per tornare trionfanti in serata, saldamente ancorati ai loro fortini di tela e plastica, a dispetto di qualsiasi galantuomo che, nel frattempo, avesse osato invadere il territorio conteso.
E che dire dei bravi villeggianti di Sennori, che, affezionati al litorale, devono subire questo affronto a viso aperto? A loro risposte spavaldi e spudorate: "Noi siamo del posto e facciamo ciò che vogliamo. Se non vi sta bene potete andare in un'altra spiaggia".
Parole sferzanti come onde sugli gli scogli, rimbalzate ieri tra oltre dieci ombrelloni fantasma e una marea di bagnanti costretti ad ammassarsi in spazi ridotti.
Persino le forze dell'ordine locali, interrogate sulla questione, sembrano impotenti davanti all'insolente modus operandi, suscitando negli onesti villeggianti più che legittime perplessità.
Questo, amici lettori, non è l'omaggio che la nostra amata Isola Rossa dovrebbe regalare ai suoi visitatori. Un teatro del bizzarro che distorce l'immagine dell'accoglienza e dell'ospitalità sarde. Che senso ha il paradiso, se le sue porte sono custodite da questi strani diavoli?