In Sardegna il Natale non si salta. Si stringe, si accorcia, si razionalizza. Ma non si cancella.
Anche quest’anno, mentre il potere d’acquisto arretra e il portafoglio pesa meno delle abitudini, la tavola resta l’ultimo presidio intoccabile.
La stima dei consumi natalizi parla di 725 milioni di euro, cifra che l’ufficio studi di Confartigianato ha ricavato rielaborando i dati Istat. È un numero che, preso da solo, dice poco. Messo in fila con quelli degli anni precedenti, dice molto di più. Nel 2021, all’uscita dalla pandemia, la spesa stimata scese sotto i 600 milioni. Poi una risalita progressiva: 616 nel 2022, quasi 700 nel 2023, 726 nel 2024. Oggi si torna più o meno lì. Stesso livello nominale, contesto completamente diverso.
Perché nel frattempo i prezzi sono saliti, e non poco. E allora quella stabilità apparente diventa un’altra cosa: non più crescita, ma resistenza. Non più abbondanza, ma scelta. I sardi continuano a spendere, ma comprano meno. O meglio: comprano ciò che conta di più.
Circa 500 milioni finiranno tra pranzi, cene, regali essenziali, convivialità domestica. Il resto – poco più di 200 milioni – riguarda prodotti e servizi tipici del periodo: dall’abbigliamento all’arredo, dalla tecnologia al benessere. È una ripartizione che racconta un Natale sempre meno espansivo e sempre più selettivo. La festa resta, il superfluo scivola ai margini.
Non è un fenomeno nuovo. Da anni, sotto le luci intermittenti delle festività, si ripete lo stesso rito: si rinuncia a molte cose, ma non a quel momento condiviso che tiene insieme famiglie, generazioni, paesi. In Sardegna il pranzo di Natale non è solo un pasto: è un atto di continuità. Un modo per dire che, nonostante tutto, la linea non si è spezzata.
Ecco perché queste cifre vanno lette con cautela. Non raccontano prosperità. Raccontano priorità. Non parlano di euforia, ma di tenacia sociale. Il Natale, qui, non è la celebrazione del consumo, ma la difesa di un equilibrio fragile: spendere il giusto per non rinunciare all’essenziale.
La tavola resta imbandita, sì. Ma ogni anno un po’ più consapevole. E forse è proprio questo il dato che conta davvero: la festa resiste, l’illusione no.