La Sardegna agricola torna a farsi sentire a Bruxelles. Il 18 dicembre una delegazione della Confederazione Italiana Agricoltori del Nord Sardegna prenderà parte alla grande marcia europea contro la riforma della Politica agricola comune post 2027, giudicata penalizzante per territori già fragili e marginali.
La posizione della Cia è netta. «Diciamo no al taglio delle risorse del 20%, in particolare risorse tolte alla Sardegna e alle sue zone rurali che già soffrono di disagio e spopolamento», afferma il presidente della Cia Nord Sardegna Michele Orecchioni. Una riduzione che, secondo l’organizzazione agricola, rischia di colpire in modo sproporzionato le aree interne e insulari, dove l’agricoltura non è soltanto attività economica, ma presidio sociale e ambientale.
La protesta di Bruxelles vedrà scendere in piazza circa 10 mila produttori agricoli, con centinaia di trattori in arrivo da tutta Europa. Un fronte ampio, sostenuto da oltre 40 organizzazioni agricole dei 27 Stati membri, riunite nel Copa-Cogeca. Il corteo partirà alle 12 da Boulevard du Jardin Botanique per attraversare la capitale europea fino a Place du Luxembourg, davanti alla sede del Parlamento Ue, dove sono previsti gli interventi dal palco, a partire da quello del presidente nazionale della Cia, Cristiano Fini.
Al centro della mobilitazione c’è anche la netta contrarietà all’ipotesi del fondo unico. «Diciamo no anche all’ipotesi del Fondo unico – prosegue Orecchioni - da noi considerato dannoso perché potrebbe generare disparità tra uno stato e l’altro. Il 18 dicembre manifesteremo davanti alle istituzioni per difendere gli agricoltori, la loro dignità e il diritto dell’Europa a una produzione alimentare forte, sicura e sostenibile».
Il messaggio che la Cia intende portare alle istituzioni comunitarie è diretto: la riforma della Pac, così come oggi impostata, viene ritenuta inaccettabile. I tagli di bilancio previsti, l’ipotesi di accorpamento delle risorse e un impianto politico che, secondo le organizzazioni agricole, penalizza chi produce cibo, mettono a rischio il futuro delle imprese agricole, la competitività del settore e l’equilibrio delle aree rurali.
Sul tavolo della protesta anche la denuncia degli accordi commerciali che alimentano concorrenza sleale e la richiesta di una reale semplificazione normativa, capace di liberare le aziende agricole da burocrazia e vincoli considerati inutili. Per la Cia, la questione non è solo economica: senza agricoltura non c’è sicurezza alimentare, ambientale e sociale. E, di conseguenza, non c’è futuro né per le campagne né per l’Europa stessa.