Mediterraneo: ritorniamo a chiamarlo "Nostro Mare"

  Hanno viaggiato da Marsiglia, da Madrid, dalla Galizia e da Malaga, da Cagliari e Torino, da Roma e Modica. Sono venuti qui, in Calabria, terra battuta dal sole e dal vento, per discutere, certo, ma soprattutto per ricordarci una verità: il Mediterraneo non è solo un mare; è un'anima, un’idea. È stato il “Nostro Mare” e, oggi, ha bisogno che lo si ricordi. La penna e la voce, strumenti antichi, sono qui per dire ciò che sembra essersi smarrito tra i fumi della guerra e le rovine di una pace negata. Al Convegno dell’Associazione Internazionale dei Critici Letterari (AICL), gli intellettuali che ancora credono nel potere della parola scritta hanno approvato una mozione, un documento di carta e speranza.

  Parlano ai potenti, certo. Ma in realtà parlano a noi tutti, perché nessuno è veramente estraneo a questo mare che, nel corso dei secoli, ha accolto i greci, i romani, i fenici, le infinite voci di popoli che qui hanno trovato una casa, una frontiera, un campo di battaglia e, sì, anche un rifugio. Ecco cosa dicono, dalla Calabria, questi scrittori e critici. Il Mediterraneo, dicono, è sempre stato “incrocio di popolazioni, di scambi, di migrazioni e interazioni”. Non è soltanto una frase densa di buoni sentimenti; è la cronaca di un mondo in movimento, un’infanzia collettiva che ci portiamo dentro. Non si tratta solo di un mare: è un luogo d’incontro tra mondi diversi, un simbolo di tutto ciò che è umano. Parlano di scambi culturali, di dialogo tra religioni e lingue, della biodiversità che questo bacino ospita, dei paesaggi che vanno dai porti chiassosi alle coste frastagliate, delle città costruite sopra altre città come un mosaico che si rinnova a ogni epoca. È un appello perché le élites – sì, proprio loro, quei pochi che tengono in pugno le sorti di molti – abbiano il coraggio di riconsegnarci un mare di pace, un mare che accolga, non che divida. Non illudiamoci, non si parla solo di letteratura. Qui si tratta di un patto con la nostra storia, di una promessa che dobbiamo onorare. Il Mediterraneo è un archivio vivente di tutto ciò che siamo stati, di quello che potremmo essere ancora. Attraverso questo mare sono passati commercianti, guerrieri, poeti. Attraverso di esso sono giunti l’alfabeto, le idee, le rivoluzioni e anche le catastrofi.

  Non è forse giunto il momento di dare una possibilità alla cultura, di aprire le porte e le finestre, di tornare a usare questa vecchia zattera di pietre e acque come un ponte e non come una barriera? I firmatari di questa mozione chiedono unità, chiedono che le autorità – tutte quelle che abbiano titolo per farlo – agiscano con concordia, che si guardi al Mediterraneo non solo come una rotta commerciale, ma come il simbolo di una comunione che abbiamo ereditato e che dovremmo custodire. Perché il vero nemico, qui, è il tempo. Ed è con il tempo che dobbiamo fare i conti, ogni volta che lasciamo che la storia scivoli nelle pieghe dell’oblio. Questi scrittori e critici ci ricordano che la nostra identità collettiva non può ignorare le sfide del presente, dalla crisi climatica alla tragedia delle migrazioni. Non sono solo minacce; sono prove. E forse, per affrontarle, basterebbe ricordarci che il Mediterraneo non è mai stato soltanto un mare: è la nostra strada per ritornare a casa.

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