Zorro: la maschera immortale che ha scolpito la storia

  Se ci immaginiamo nella California di inizio Ottocento, quel lembo di territorio ancora spagnolo – arso dal sole, segnato da rancheros potenti e contadini oppressi, governato da funzionari corrotti e soldati pronti a intimorire il popolo – allora possiamo intuire perché la leggenda di Zorro abbia attecchito con tale forza. Ed è proprio in un momento di confusione storica, fra l’eredità coloniale e la nuova identità americana, che fa la sua comparsa, come un lampo nella notte, l’inafferrabile giustiziere in nero, la cui sola presenza costringe i potenti a ricordare la parola “giustizia”. La prima volta che il mondo fa la conoscenza di Zorro è sulle pagine di “All-Story Weekly”, nel 1919: lì il suo creatore, lo scrittore Johnston McCulley, ci presenta Don Diego de la Vega, un gentiluomo aristocratico, timido e apparentemente svogliato, privo di qualunque slancio eroico e inclinazione per le armi.

  Ma dietro la maschera della mansuetudine, Diego cela un’anima ribelle: quando cala la sera, egli indossa la maschera, il cappello a tesa larga e il mantello nero, afferra la spada e si trasforma nel vendicatore che nessuno è in grado di fermare. La sua lama lampeggia nella notte come un riflesso su uno specchio d’acqua, e l’impronta della sua presenza rimane incisa con tre colpi rapidi: la lettera Z, tracciata in un battito di ciglia sulla casacca di un ufficiale arrogante o sul muro di una caserma. È una Z che grida sfida, che sbeffeggia l’autorità prepotente, che richiama l’antica ironia del buffone di corte, capace di mettere in ridicolo il tiranno con un semplice gesto. E mentre i benpensanti si chiedono chi possa mai essere quel bandito elegante, Zorro cavalca con grazia il suo fido Tornado, sfiorando le strade polverose del pueblo come se seguisse un invisibile spartito musicale. Nel tempo, lo Zorro letterario e cinematografico si è trasformato in un archetipo: l’eroe mascherato, signore della spada, protettore dei più deboli. E come accade a ogni mito che si radichi nell’immaginario collettivo, egli genera figli spirituali: senza Zorro, forse, non avremmo l’oscuro Batman, il giustiziere di Gotham, né l’avventuroso Indiana Jones, archeologo con la frusta e il cappello. L’uno eredita la doppia identità, l’altro il gusto per l’azione rapida, beffarda e avventurosa. Nel labirinto della cultura popolare, Zorro è l’antenato che, con la sua spada affilata e la sua etica innata, ha tracciato la via a generazioni di eroi incappucciati, paladini armati di ironia e coraggio. 

  Non stupisce, dunque, che a oltre un secolo dalla sua nascita, l’ombra di Zorro continui a danzare sui muri dell’immaginario: senza tempo, sfuggente, libero da definizioni storiche troppo rigide. Un personaggio a cui non servono superpoteri: basta la maschera, l’acciaio della spada e la capacità di restituire la dignità ai più umili. Come un cavaliere errante del passato, ma vestito di seta nera, Zorro rimane l’infallibile spadaccino che difende la giustizia in un mondo imperfetto, il simbolo eterno di quel momento in cui, nella notte californiana, uno sconosciuto gentiluomo trova il coraggio di opporsi al potere e di scolpire una Z, con tre rapidi colpi, nel tessuto stesso della storia.

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