Gli anni ’80 e i primi anni ’90 rappresentarono un periodo di transizione cruciale per l’Italia, segnando il declino della Prima Repubblica e l’emergere di un nuovo panorama politico. Dopo la fine degli anni di piombo, il Paese sembrava avviarsi verso una fase di stabilità e crescita economica, ma sotto la superficie, le istituzioni italiane iniziavano a mostrare segni di profonda crisi. Al centro di questa fase, vi fu il cosiddetto "Pentapartito", una coalizione che dominò la scena politica italiana per oltre un decennio, ma che alla fine si rivelò incapace di gestire le sfide di un’Italia in cambiamento, precipitando il Paese nella crisi della Prima Repubblica.
Il Pentapartito era un’alleanza politica formata dalla Democrazia Cristiana (DC), dal Partito Socialista Italiano (PSI), dal Partito Socialdemocratico Italiano (PSDI), dal Partito Repubblicano Italiano (PRI) e dal Partito Liberale Italiano (PLI).
Questa coalizione nacque all’inizio degli anni ’80 come risposta alla necessità di garantire una stabilità governativa in un periodo in cui nessun partito da solo era in grado di ottenere la maggioranza assoluta.
La formula del Pentapartito rappresentava un tentativo di mantenere il controllo della politica italiana attraverso un equilibrio tra diverse forze di centro-destra e centro-sinistra, con la DC e il PSI a svolgere il ruolo di principali protagonisti. Bettino Craxi, leader del PSI, fu il principale artefice di questa alleanza, e nel 1983 divenne il primo presidente del Consiglio socialista della storia della Repubblica Italiana.
Il governo Craxi, che rimase in carica fino al 1987, fu caratterizzato da una serie di riforme economiche e da una politica estera assertiva, che cercò di rafforzare il ruolo dell’Italia a livello internazionale. Tuttavia, sotto la guida del Pentapartito, emersero anche i primi segnali di quella crisi morale e politica che avrebbe travolto l’intero sistema politico italiano.
Gli anni del Pentapartito furono segnati da una crescita economica che, tuttavia, mascherava profondi problemi strutturali e un crescente indebitamento pubblico. Ma ciò che iniziò a erodere la fiducia dei cittadini nel sistema politico fu la crescente percezione di una corruzione dilagante all’interno delle istituzioni.
Il sistema clientelare, che aveva garantito per decenni il consenso elettorale dei principali partiti, si era trasformato in una macchina per la distribuzione di favori e tangenti, alimentando un circolo vizioso di corruzione. La pratica delle "tangenti" divenne così comune che iniziò a essere vista quasi come una parte inevitabile del funzionamento della politica italiana.
La corruzione non riguardava solo la classe politica, ma coinvolgeva anche settori dell’imprenditoria, della pubblica amministrazione e persino del mondo sindacale.
Questo sistema, noto come "Tangentopoli", venne alla luce in tutta la sua gravità nei primi anni ’90, quando una serie di inchieste giudiziarie rivelò l’esistenza di una rete di corruzione che coinvolgeva esponenti di tutti i principali partiti del Pentapartito.
Il sistema politico italiano, già minato dalla crisi morale, crollò sotto i colpi delle inchieste giudiziarie avviate dalla Procura di Milano, nota con il nome di "Mani Pulite". L’inchiesta, che ebbe inizio nel 1992 con l’arresto di Mario Chiesa, un esponente del PSI milanese, si espanse rapidamente, portando alla luce una vasta rete di corruzione che coinvolgeva politici, imprenditori e funzionari pubblici.
Man mano che l’inchiesta procedeva, emersero nuovi scandali e nuove accuse, che travolsero gran parte della classe politica italiana. Bettino Craxi, che fino a poco tempo prima era stato uno dei leader più potenti del Paese, divenne il simbolo della corruzione politica e fu costretto a lasciare la scena pubblica, fuggendo in Tunisia per evitare l’arresto.
La caduta di Craxi segnò l’inizio della fine del Pentapartito e, più in generale, della Prima Repubblica. Nel giro di pochi anni, i principali partiti della coalizione si dissolsero o si trasformarono, mentre nuovi movimenti politici, come la Lega Nord e Forza Italia, emergono sulla scena nazionale, sfruttando il vuoto lasciato dal crollo del vecchio sistema.
La crisi della Prima Repubblica rappresentò un punto di svolta per la politica italiana. La destra e la sinistra, che per decenni avevano dominato la scena politica, si trovarono improvvisamente di fronte alla necessità di rinnovarsi o di scomparire.
La Democrazia Cristiana, che per quasi cinquant’anni aveva governato l’Italia, si frammentò in diversi nuovi partiti, tra cui il Partito Popolare Italiano (PPI) e il Centro Cristiano Democratico (CCD).
La sinistra, rappresentata dal Partito Comunista Italiano, si trasformò nel Partito Democratico della Sinistra (PDS), abbandonando l’ideologia comunista e avvicinandosi alle posizioni socialdemocratiche europee.
Parallelamente, nuovi attori emersero sulla scena politica. La Lega Nord, guidata da Umberto Bossi, sfruttò il malcontento verso il vecchio sistema per promuovere un’agenda federalista e anti-corruzione, mentre Silvio Berlusconi, con la fondazione di Forza Italia nel 1994, portò al successo un nuovo modello di politica mediatica, basato sull’immagine e sul controllo dei media.
La nascita della Seconda Repubblica segnò l’inizio di una nuova era, in cui destra e sinistra dovettero confrontarsi con un panorama politico radicalmente cambiato, in cui le vecchie ideologie erano state sostituite da nuove dinamiche e in cui la sfiducia nei confronti delle istituzioni rimaneva alta.
Il Pentapartito e la crisi della Prima Repubblica rappresentano un momento cruciale nella storia italiana, un periodo in cui la politica tradizionale si rivelò incapace di rispondere alle esigenze di un Paese in cambiamento e in cui la corruzione e il malaffare portarono al collasso di un intero sistema.
L’eredità di questo periodo è ancora oggi oggetto di dibattito. Da un lato, la fine della Prima Repubblica ha permesso l’emergere di nuove forze politiche e l’avvio di un processo di rinnovamento delle istituzioni. Dall’altro, la crisi morale e politica che ha segnato quegli anni ha lasciato un segno profondo nella società italiana, alimentando una diffusa sfiducia verso la classe politica e un cinismo che ha continuato a influenzare la vita pubblica negli anni successivi.
La transizione verso la Seconda Repubblica, pur portando con sé nuove speranze, si rivelò altrettanto complessa e problematica, con nuove sfide che avrebbero continuato a mettere alla prova la tenuta del sistema democratico italiano.