La legge sull'autonomia differenziata, ideata dal ministro Roberto Calderoli, ha appena ricevuto la promulgazione ufficiale dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Ma il suo cammino non è affatto liscio: diverse regioni stanno preparando le loro barricate. Tra queste, la Sardegna, Toscana, Emilia Romagna, Puglia e Campania, unite nel fronte comune contro una legge che minaccia di frammentare ulteriormente il paese.
L'autonomia differenziata è un meccanismo che consente alle regioni di ottenere competenze esclusive su determinate materie, che attualmente sono di competenza dello Stato. Questa riforma mira a dare più potere decisionale alle regioni su questioni come sanità, istruzione e infrastrutture, promuovendo una sorta di federalismo interno. Ideata per rispondere alle richieste di maggiore autonomia da parte delle regioni più ricche, come Lombardia e Veneto, l'autonomia differenziata promette di rendere la gestione amministrativa più efficiente e mirata.
Non tutte le regioni vedono di buon occhio questa riforma. La Sardegna, insieme ad altre regioni a statuto speciale e a quelle guidate dal centrosinistra e dal Movimento 5 Stelle, teme che l'autonomia differenziata possa accentuare le disuguaglianze tra nord e sud, tra regioni ricche e regioni meno abbienti. La presidente della Sardegna, Alessandra Todde, ha assunto il ruolo di capofila in questa battaglia, spiegando che "l'Autonomia differenziata potrebbe impattare negativamente sulle varie specificità di una regione a statuto speciale".
In risposta alla promulgazione della legge, queste regioni stanno formando un Coordinamento che dovrà stilare un testo condiviso per un referendum, da limare con attenzione "per renderlo inattaccabile".
Questo non sarà un progetto circoscritto solo al centrosinistra. Già ci sono stati "contatti" con Calabria e Basilicata, entrambe regioni a trazione Forza Italia. "Anche su questo siamo inclusivi, soprattutto perché il testo della legge preoccupa anche altri amministratori regionali di colore diverso", spiega un addetto ai lavori vicino al futuro Coordinamento.
Il tempo stringe. Il presidente dell'Emilia Romagna Stefano Bonaccini, che dovrebbe dimettersi l'11 o il 12 luglio per diventare parlamentare europeo, potrebbe influenzare la tempistica del Coordinamento. Tuttavia, le cinque regioni di centrosinistra non sono sole. Anche un Comitato referendario guidato dalle principali opposizioni – Pd, M5S, Avs, Psi e +Europa – insieme a sindacati come Cgil e Uil e associazioni come Anpi, Arci, Acli e Libera, è in azione.
Serviranno 500mila firme entro settembre per indire il referendum nel 2025. Un'impresa titanica ma non impossibile. Oggi, l'ex ministro e attuale deputato Pd Roberto Speranza ha dichiarato sui social che "l'autonomia differenziata si può ancora fermare" e ha invitato alla creazione di comitati territoriali aperti e plurali in tutto il paese. "Dopo le forzature della destra in Parlamento, la strada che resta contro questo progetto scellerato che spacca l'Italia è quella della mobilitazione popolare per arrivare al referendum".
La preoccupazione principale è che l'autonomia differenziata possa portare a una sorta di secessione delle regioni più ricche, lasciando quelle più povere ancora più indietro. Il timore è che servizi essenziali come la sanità e l'istruzione diventino ancora più disomogenei sul territorio nazionale, con alcune regioni in grado di offrire servizi di alta qualità e altre costrette a lottare con risorse insufficienti. Questo potrebbe esacerbare le disparità regionali e mettere a rischio la coesione nazionale.
L'autonomia differenziata, dunque, non è solo una questione amministrativa. È un tema politico di enorme rilevanza che mette in discussione l'unità e la solidarietà del paese. La battaglia è appena cominciata e promette di essere lunga e combattuta, con la Sardegna e altre regioni pronte a dare battaglia per difendere un'Italia unita e solidale.