Quattro quintali di pesce, tra tonni, polpi e orate, ma nessuna carta che ne attestasse la provenienza. È quanto hanno scoperto gli agenti della Polizia Stradale e la Guardia Costiera di Olbia durante un controllo all’alba del 23 ottobre. Un autocarro isotermico, arrivato dalla Penisola, trasportava un carico di prodotti ittici destinati al mercato cittadino. Tutto sembrava in regola, finché qualcuno non ha chiesto i documenti.
Dentro al vano di carico, 40 chili di ostriche senza tracciabilità. Fin qui, una mancanza che già basterebbe a far scattare le sanzioni. Ma il vero colpo di scena è arrivato poco dopo, quando i controlli si sono spostati nella ditta destinataria: altri 354 chili di pesce — tra tonno albacora, salmone, polpo, sgombro, branzino, orata, seppia e persico africano — anch’essi privi della documentazione obbligatoria. In tutto, 394 chili di prodotto senza pedigree.
Il pesce è stato sequestrato e affidato a strutture individuate dall’Autorità marittima e sanitaria. Alla ditta è arrivata una sanzione da tremila euro e la confisca del carico.
L’operazione rientra nei controlli congiunti tra Polizia Stradale e Guardia Costiera, con il supporto dell’ASL, per garantire la sicurezza alimentare e la tracciabilità nella filiera del pesce. Un principio semplice, ma fondamentale: sapere da dove viene ciò che finisce nei piatti.
Da tempo le forze dell’ordine hanno intensificato i controlli nel Nord Sardegna, dove il commercio di prodotti ittici “fuorilegge” tenta spesso di approfittare della domanda crescente e della scarsa attenzione di qualche esercente. Ma l’inganno, stavolta, è finito in porto prima ancora di arrivare al banco.
In fondo, nel mare come nel mercato, la trasparenza resta l’unico vero segno di freschezza.