Lunedì, ore 15. La scienza metterà le mani sul corpo straziato di Gaia Costa, 24 anni, falciata a Porto Cervo come un fantoccio fragile sotto il sole d’estate. A occuparsi dell’autopsia sarà il medico legale Salvatore Lorenzoni. Ma in questa storia, dove la morte è già una sentenza inappellabile, si aggirano altre verità da smascherare.
La famiglia di Gaia — Debora Caffiero e Alfredo Costa, sindacalista noto della Cisl in Gallura — ha deciso di non restare spettatrice muta. Hanno nominato un consulente di parte, Francesco Serra. Perché quando la vita di una figlia viene calpestata, ogni dettaglio diventa un campo di battaglia.
Forse martedì, a Tempio, il funerale. Un addio che nessuno avrebbe mai voluto pronunciare. Ma intanto, mentre i fiori appassiscono e le lacrime si seccano sul viso, la giustizia si muove, lenta e pesante come un pachiderma.
Vivian Spohr, manager tedesca, 51 anni. Moglie del ceo di Lufthansa. Una donna di potere, abituata a far decollare aerei e firmare contratti. Stavolta, però, si è trovata al volante di un suv che ha spento una giovane vita. Indagata per omicidio stradale, è rientrata in Germania. L’alcoltest? Negativo. Ma il telefono, quello sì che è sotto torchio.
I carabinieri stanno passando al setaccio le immagini delle telecamere di via Aga Khan, quel maledetto punto dove Gaia stava attraversando sulle strisce. Si cerca un gesto, uno sguardo, una distrazione: «Si sta lavorando per capire se la signora Spohr stava usando il cellulare alla guida. In quel caso sarebbe un’aggravante», spiega l’avvocato Antonello Desini.
Il telefono. Quell’oggetto che ci accompagna come un amico fedele, ma che spesso si trasforma nel nostro boia silenzioso. Che cosa stava facendo Vivian? Stava mandando un messaggio? Cercava una canzone? Un’email urgente? Domande che sibilano come serpi, ma restano senza risposta.
Intanto, la Spohr si difende con le parole dei suoi legali: «Profondo dolore. Disponibilità piena alla magistratura. Nulla potrà restituire Gaia, ma cercheremo di attenuare le conseguenze». Frasi che sanno di comunicato, di un dolore confezionato. Forse sincero, ma che risuona lontano dal pianto di una madre, dal silenzio cieco di un padre che stringe un vestito che non avrà più un corpo dentro.
Gaia era a Porto Cervo per lavoro. Una ragazza che aveva tutta la vita davanti, falciata in un istante da un’auto che non le ha lasciato scampo.
Lunedì l'autopsia. Poi i funerali. E dopo? Ci resteranno solo le domande, quelle che urlano nella notte e non trovano pace. Come sempre, quando la morte ha la faccia fredda di un cofano lucido e il rumore secco di un freno che non ha fatto in tempo.