C’è un confine, nel Mediterraneo, che non si traccia con le carte nautiche ma con il silenzio. È quello che separa il soccorso dalla resa, la pietà dalla brutalità. Sabato 7 giugno, la polizia ha arrestato tre giovani algerini con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, dopo che, durante una traversata verso la Sardegna, avrebbero abbandonato in mare dieci migranti su un barchino in avaria. Un quarto soggetto, anch’egli di nazionalità algerina, è stato fermato per aver violato il divieto di reingresso in Italia.
Il fatto risale allo scorso fine settimana, quando circa duecento migranti sono approdati, in piccoli gruppi, sulle coste sud-occidentali dell’isola, lungo la rotta che da Annaba porta al Sulcis. Come da prassi, tutti sono stati trasferiti nel centro di primo soccorso e accoglienza di Monastir, dove sono state avviate le operazioni di identificazione e lo screening sanitario da parte del personale dell’ASL.
Ma tre di loro non si sono fermati. Sono riusciti a fuggire dalla struttura e a confondersi nel centro di Cagliari, eludendo momentaneamente il controllo delle autorità. Gli agenti della Squadra Mobile, coadiuvati dal personale Frontex, li hanno rintracciati dopo indagini serrate avviate a seguito dello sbarco del 2 giugno. Le testimonianze raccolte dai sopravvissuti, insieme ai video recuperati, hanno delineato una dinamica che lascia poco spazio ai dubbi.
Secondo la ricostruzione, i tre avrebbero preso il comando di due piccole imbarcazioni, con venti persone a bordo, salpate dalle coste algerine con destinazione Sardegna. A circa settanta miglia dalla partenza, uno dei barchini avrebbe subito un guasto al motore. Di fronte alla prospettiva di un naufragio imminente, i tre presunti scafisti avrebbero scelto la via più spietata: abbandonare la barca e i passeggeri. Due di loro, armati di coltello, avrebbero minacciato gli altri, salendo sull’unico mezzo ancora funzionante e lasciando alla deriva dieci vite umane.
La richiesta di soccorso, giunta in ritardo, è stata presa in carico dalla Capitaneria di porto di Cagliari, che ha avviato ricerche aeree nelle zone di competenza. Allo stato attuale, nessun risultato. Nessun ritrovamento.
I tre arrestati sono stati trasferiti nel carcere di Uta, con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e aggravanti connesse all’abbandono e alla violenza. La misura cautelare in carcere è stata convalidata. Quanto all’altro arrestato, il reato contestato è la violazione del provvedimento di espulsione emesso dal questore.
La vicenda, per quanto circoscritta, riporta a galla l’aspetto più cinico e brutale dei viaggi della speranza: quando il motore si spegne e il mare torna padrone, l’uomo si mostra per ciò che è. O carnefice, o vittima.