C'è un che di anacronistico e sublime, nel vedere il Cagliari Calcio partire per gli Stati Uniti con un manipolo di giovani, qualche nome noto e un pizzico d’Oriente infilato nel bagaglio. Sembra un esperimento, e forse lo è: come nel 1967, quando i rossoblù – sotto mentite spoglie – vestirono i panni dei Mustang di Chicago in un campionato organizzato per americanizzare il pallone. Cinquantotto anni dopo, la storia si ripete, ma con il logo ufficiale cucito sul petto e un orizzonte molto diverso.
Non è più tempo di pionieri. Il Cagliari 2025 s’imbarca verso il “The Soccer Tournament” in North Carolina, tra il 4 e il 9 giugno, con l’ambizione velata di chi sa di essere invitato, ma anche atteso al varco. Torneo a calcio a 7, formato spumeggiante e mercantile, dove non conta il tatticismo quanto la fame, l’intensità e la rapidità di gambe e pensiero. Roba da giovani, infatti. Ma non solo.
Con la Primavera di Fabio Pisacane – che ha fatto benissimo in Coppa Italia – ci saranno anche Ciocci, Viola e Kingstone. Tre innesti non da poco. Viola, soprattutto, è un lusso per una competizione del genere: piede nobile, cervello da metronomo. Se avrà voglia di mettersi in moto sotto il sole della Carolina, potrà dominare la scena come un anziano professore tra studenti agitati.
Cavuoti, rientrato dal prestito alla Feralpisalò, sarà lì a giocarsi forse un’ultima chiamata alla ribalta. E poi i ragazzi della Academy cinese di Xiapu, un innesto esotico e aziendalista, più da slide di presentazione che da campo infangato. Ma tant’è: il calcio moderno si scrive anche (soprattutto?) in cinese semplificato.
Il Cagliari è nel girone B con Hoosier Army, Cardinal Legacy e City Soccer FC. Passano le prime due e le migliori otto terze. Si gioca per competere, certo, ma anche per esserci: il club sarà l’unico italiano, mentre intorno si agitano nomi come West Ham, Villarreal, Borussia Dortmund, Club América, Bournemouth e Atlético Madrid. Un salotto globale in formato ridotto, dove conta tanto vincere quanto mostrarsi, farsi notare, esportare un brand.
Lo dice chiaro anche il direttore generale Stefano Melis (fonte ANSA): «Essere per il secondo anno consecutivo al TST è motivo di stimolo per il Cagliari. Affrontiamo un torneo di altissimo livello, ricco di opportunità non solo tecniche, ma anche di brand awareness e relazioni. Sarà una bella sfida, molto stimolante, rappresentare l’intera Serie A e il calcio italiano in questo contesto».
Tradotto: si gioca, ma si vende anche. E si vendono soprattutto idee, gioventù, colori. Il Cagliari è lì per mettere un piede in un mercato globale, consapevole che il futuro passa anche per il marketing, per le trasferte d’immagine, per le tournée che una volta erano carne e sudore, e oggi sono dati, visibilità, KPI.
Nel frattempo, il resto della rosa è in vacanza. Si riprenderà a metà luglio ad Assemini, poi ritiro al Nord, probabilmente a Ponte di Legno. Ma prima, una parentesi americana, in stile moderno, con l’eco lontana dei Mustang del ’67 e il sogno mai sopito di essere qualcosa in più di una provinciale del pallone.
Il campo, anche a sette, resta comunque il solo tribunale che conti. E chissà che tra gli scatti dei ragazzini e le geometrie di Viola non nasca una piccola epopea. Di quelle che Brera, oggi, guarderebbe con una smorfia di scetticismo… e magari un mezzo sorriso.