Un sardo porta alta la bandiera dell’isola in finale Champions. Nicolò Barella guida l’Inter in una sfida stellare contro il Barcellona

Gli interisti che hanno lasciato lo stadio al novantesimo, stanchi e sconsolati, hanno smarrito un frammento di pura vita che non recupereranno più. Anche tra quarant'anni chi è rimasto fino all'ultimo si ricorderà di quell’abbraccio a San Siro dato a sconosciuti in una notte di maggio, stravolgendo la frase cult di Casablanca: “Avremo sempre Parigi? No, il 4-3 col Barcellona”. L’Inter elimina i blaugrana in una semifinale storica, pazza, con 13 gol tra andata e ritorno e vola in finale di Champions per la settima volta. La seconda in due anni. Un grazie a San Francesco Acerbi, planato in area come un falco pellegrino all’ultimo minuto di una partita ormai indirizzata verso il 3-2 blaugrana, e un altro San Davide Frattesi, il ragazzo di Fidene che cala il poker nei supplementari e sale sulla grata come se fosse la cima dell’Everest. Lassù, tra le nuvole, si intravede la prossima destinazione: Monaco di Baviera, 31 maggio, finale di Champions (contro una tra Arsenal e Psg). La chiave di volta di un primo tempo da cinema ha una combinazione di undici lettere: elettricità. Il dribbling d’apertura è del solito Yamal, che sguscia via come un serpente a sonagli in mezzo agli avversari. San Siro fischia, mugugna, distrae, cercando di spingere la tensione nelle orecchie del 17enne. Il copione, già studiato al Montjuic, è lo stesso: palla al 19 e qualcosa combina. Ma la gabbia di gambe dell’Inter pare funzionare. Dimarco accorcia, Bastoni raddoppia, “Micky” contiene e i nerazzurri respirano, tirando fuori dal borsone il loro, di copione: sventagliate dirette per Dumfries, il coltellino svizzero. Il Barca, spavaldo e pieno di idee, organizza una difesa zemaniana rischiando più volte l’imbucata. Quella giusta arriva al 21’. Dimarco, dopo un sombrero di Barella con tiro al volo, vede il solito Denzel sulla destra e lo serve con l’esterno. L’olandese si traveste di nuovo da assist man e imbecca Lautaro, bravo a infilare il nono gol in Champions. Gli schemi, studiati, preparati, analizzati, saltano col passare dei minuti, sempre più intrisi di adrenalina. Yamal è la solita scheggia, ma l’Inter tiene botta e reagisce coi denti. Il graffio del 2-0, dopo un intervento di Bastoni in scivolata da chapeau e un destro di Yamal, viene confezionato dal tandem Lautaro-Calhanoglu: il primo di guadagna un rigore dopo un tackle di Cubarsì, il secondo lo trasforma spiazzando Szczesny. Il tutto dopo un controllo Var di Marciniak sotto gli occhi di un indemoniato Inzaghi, il dodicesimo uomo per tutta la partita. L’Inter va a riposo tra le polemiche di tutta la panchina per uno sputo di Iñigo Martinez verso Acerbi subito dopo il 2-0. Né l'arbitro né il Var si sono accorti di nulla. Chissà cos’avrà detto Flick all’intervallo. Il Barça entra in campo come se qualcuno, all’angolino, sulle corde, avesse dato due o tre schiaffi ai catalani per ricordargli quante Champions ci sono in bacheca: cinque. L’uno-due della ripresa è freddo, glaciale, e manda l’Inter alle corde: al 54’ Eric Garcia infila Sommer con un destro al volo sotto l’incrocio, mentre sei minuti dopo Dani Olmo pareggia quasi allo stesso modo, approfittando di un errore in marcatura di Carlos Augusto. Gli assist arrivano da Gerard Martin, meglio in fase di rifinitore che da difensore. Nel mezzo, un gran parata di Sommer su Garcia (che però centra il portiere svizzero a porta spalancata) alla fine di un contropiede magistrale avviato da un angolo a sfavore. È un Barça diverso, più vivo, che guadagna angoli con continuità e pressa un’Inter sempre più stanca, ma mai al tappeto. Al 70’ il Var toglie un rigore ai blaugrana (il fallo di Mkhitaryan su Yamal è un paio di centimetri fuori area), poi ancora la giovane stella del Barça un paio di minuti dopo s’inventa un sinistro dal limite costringendo Sommer a un gran parata. Ciò che accade nel finale del secondo tempo, a un passaggio d’esterno dai supplementari quasi certi, è spiegabile solo con l’effetto San Siro. Dapprima Raphinha, al secondo tentativo dopo una prima respinta di Sommer, concretizza la notevole superiorità del Barcellona nel secondo tempo, segnando col destro il gol che completa il ribaltone. Mentre uno sciame di interisti è già avviato verso l’uscita, in piedi sulle scalinate con la testa verso il campo sperando nell’impensabile, Denzel Dumfries, il ragazzo che dieci anni fa giocava ad Aruba e sgomitava per emergere in Olanda, si ricorda che è lo spauracchio del Barcellona, arpiona un pallone sulla fascia e crossa basso, teso, cercando la zampata. Al centro non c’è una punta, non c’è Thuram e non c’è Lautaro, uscito stremato, ma San Francesco Acerbi da Vizzolo Predabissi, che cala un 3-3 insperato colpendo di destro e prolungando una semifinale storica. Uno strattone a quei tifosi blaugrana che stavano già cercando i voli per la Germania. Fermi, supplementari. INTER IN FINALE— Gli interisti che avevano lasciato lo stadio avranno un rimpianto bello grosso che non sarà mai assorbito. L’Inter è una fenice, entra in campo galvanizzata e azzanna il Barcellona con il ragazzo di Fidene: al 99’, servito da Taremi a centro area, Frattesi punge Szczesny col sinistro e vola sotto la gradinata nerazzurra con gli occhi della tigre di chi ha indirizzato un’altra partita negli ultimi minuti, dal Bayern al Barça. L’ultimo tempo supplementare è un elogio all’agonia. C’è chi si mangia le unghie nervosamente, chi vede la partita di spalle, chi riprende col telefono incassando insulti a pioggia. La stessa che cade su San Siro e accompagna gli ultimi minuti di sofferenza pura. Al 113’ Sommer si traveste da Julio Cesar e toglie dall’incrocio un sinistro di Yamal, come il brasiliano con Messi nel 2010. È l’ultimo brivido. L’urlo liberatorio arriva alle 23,39: l’Inter è in finale di Champions. I quattro giorni d’oro della famiglia Inzaghi: Pippo in Serie A col Pisa, Simone per la seconda volta all’ultimo atto di una finale guadagnata con merito, tra porti sicuri e chiari contorni.

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Dopo le due sconfitte maturate in Lba nell’ultimo periodo (la prima contro Varese in terra lombarda, la seconda nel match che la vedeva opposta all’ottima Aquila Trento al “Il T quotidiano Arena”), la Dinamo Sassari subisce- purtroppo- un ulteriore battuta d’arresto nell’incontro svoltosi- poche ore fa- al PalaSerradimigni e valido per il 29° turno...