La Sardegna non è un luogo. È una voce. Ruvida, antica, impastata di silenzi. E a Burcei, piccolo centro aggrappato alle creste del Serpeddì, quella voce trova nuova eco nell’opera sonora e materica di Sara Persico, tra i venti artisti protagonisti della sesta edizione di Una Boccata d’Arte, il progetto diffuso di Fondazione Elpis che attraversa l’Italia portando arte contemporanea nei borghi dimenticati.
A Burcei, pietra e canto coincidono. Lo sapevano i pastori, lo ricordano gli anziani che ancora masticano gli is mutetus, quei versi improvvisati in sardo, ora fiati ora fendenti. Lo ha intuito Persico, che ha scelto un titolo polisemico e preciso come una lama: Nuù. In lingua sarda, nuù significa pietra. Ma anche legame. E non è una sovrapposizione arbitraria: è una verità geologica e culturale. La roccia, da queste parti, non è solo orografia: è struttura della memoria. È la voce che non si spegne, ma si sedimenta.
Con la cura attenta di Anna Pirisi per Threes, Persico ha trascorso un tempo lento a Burcei, ascoltando. Archivisti orali, memorie contadine, cori folk, suoni della montagna: tutto è confluito in una performance sonora stratificata, dove il gesto non è decorazione, ma archeologia. A risponderle, Alison Darby, scultrice della pietra, ha inciso blocchi litici come fossero spartiti, traducendo vibrazioni in linee, pause in fenditure, accenti in colpi. Ne nasce un dialogo muto e potente, dove voce e materia si intrecciano, si rincorrono e infine si fondono. «Nuù è un progetto che unisce memoria collettiva, territorio e poesia in un nodo simbolico. Un archivio vivente nato dall’ascolto, che restituisce un ritratto sonoro di Burcei—tra voci, pietra e il respiro della natura che lo circonda», spiega l’artista.
Ecco il senso di Una Boccata d’Arte, che non è turismo culturale, né vetrina, né colonizzazione intellettuale. È un esercizio di attenzione. È un’arte che si fa geografia, che si lascia modificare dalla terra che la ospita. Persico, come gli altri 19 artisti dislocati nei borghi d’Italia, ha lavorato in residenza, costruendo il progetto site-specific, radicato nei ritmi locali e nel tessuto umano, come si fa con le cose serie. Senza fretta. Senza rumore.
A Burcei, la pietra ha finalmente ripreso fiato. È tornata a cantare. L’appuntamento è per sabato 28 giugno alle ore 18.00, presso la chiesa campestre di Sant’Isidoro. Ma non aspettatevi l’inaugurazione classica con buffet e brochure. Piuttosto, portatevi dietro le orecchie del cuore. Perché questo è un rito di comunità, non uno spettacolo.
E forse, in quei suoni antichi che tornano a vibrare tra le crepe del granito, potreste sentire anche la vostra voce.