La polemica nata attorno alle dichiarazioni del consigliere regionale Valdo Di Nolfo, che nei giorni scorsi aveva accusato la premier Giorgia Meloni di essere «complice del genocidio del popolo palestinese», non accenna a placarsi. A riaccendere il dibattito, la lettera aperta che lo stesso Di Nolfo – esponente della sinistra indipendentista sarda – ha indirizzato al presidente del Consiglio regionale, Piero Comandini.
Un testo articolato, denso di riferimenti politici e culturali, in cui il consigliere difende la propria posizione, ribadendo la natura etica delle sue parole e rifiutando l’idea di aver offeso le istituzioni. Comandini, nei giorni scorsi, aveva invitato alla moderazione e al rispetto reciproco nel confronto pubblico, smorzando i toni e prendendo implicitamente le distanze dalle dichiarazioni del collega, definite da più parti eccessive.
«Caro Piero, mio Presidente – scrive Di Nolfo – come prima cosa permettimi di dirti che in questa inutile polemica montata ad arte da alcuni colleghi di minoranza le parole che la stampa ti attribuisce non rispecchiano l’accaduto. La mia posizione non solo non offende la democrazia ma la rafforza, mettendo nero su bianco nome e cognome di chi non ha mosso un dito per fermare il genocidio in corso in Terra Santa».
Il consigliere richiama la responsabilità del governo italiano, accusando la premier di non aver mai riconosciuto lo Stato di Palestina né pronunciato la parola “genocidio” anche di fronte alle evidenze documentate dalle Nazioni Unite.
Nel testo, Di Nolfo cita Antonio Gramsci: «Odio gli indifferenti», scrive, richiamando il valore dell’impegno civile e la necessità, oggi più che mai, di «essere partigiani».
Poi il passaggio politico, rivolto direttamente a Comandini: «Proprio nella giornata di ieri, per tua scelta e con il sostegno di tutti i capigruppo – capogruppo di Fratelli d’Italia compreso – dal Parlamento sardo ha sventolato la bandiera palestinese. Io e te abbiamo dimostrato di odiare gli indifferenti riconoscendo formalmente lo Stato di Palestina nel Parlamento sardo».
Infine, la chiusura, dai toni più concilianti: «Hai ragione da vendere quando dici che il rispetto nel dibattito è fondamentale. E allora credo che sia doveroso il rispetto di tutti per la mia opinione e per quella della maggior parte dei sardi e degli italiani: chi non si schiera contro il genocidio – come abbiamo fatto noi – ne è complice, soprattutto se governa uno Stato».
Con questa lettera, Valdo Di Nolfo difende il proprio operato ma apre anche a un terreno di rispetto istituzionale, in un momento in cui il confronto politico rischia di scivolare in una contrapposizione frontale.