La libertà come spettacolo. Su Umberto Galimberti e il ritorno dei sofisti

C'è un tempo, nella storia della filosofia, in cui il pensiero si fece mestiere, e il mestiere si fece intrattenimento. Accadde nel V secolo avanti Cristo, quando nelle piazze dell’Ellade uomini come Gorgia, Protagora e Ippia si facevano pagare per tenere pubbliche orazioni, per ammaestrare i cittadini sull’arte della parola e della persuasione, per vendere – in fondo – l’apparenza della saggezza. Li chiamarono sofisti. Li criticò Platone, li demolì Socrate. Eppure, eccoli ritornare.

Il 2 luglio, nel cuore del centro storico di Alghero, a Lo Quarter, salirà sul palco Umberto Galimberti. Filosofo, psicoanalista, saggista. Autore di best seller, conferenziere richiesto, voce autorevole e riconoscibile nel panorama culturale italiano. Presenterà lo spettacolo-conferenza intitolato L’illusione della libertà. Evento organizzato da Mister Wolf, in collaborazione con il Comune di Alghero e Fondazione Alghero. I biglietti sono già disponibili su TicketOne.

Ma che cos’è oggi una conferenza a pagamento, se non l’eco trasfigurata delle lezioni pubbliche dei sofisti? E cosa diventa la filosofia, quando scende dal silenzio dello studio per salire sul palcoscenico, tra le luci e gli applausi?

La domanda, scomoda, è filosofica essa stessa.

Galimberti ha sempre detto, con coerenza ammirevole, che la libertà è un’illusione. «Siamo sempre determinati dalla nostra identità, non siamo mai liberi. È solo un’illusione, e guardate che è una fortuna», ha dichiarato. Eppure è proprio questa illusione che la società dello spettacolo cerca, desidera e consuma. Non la libertà reale – che non sa come gestire – ma il simulacro della libertà pensata, evocata, agita attraverso parole sapienti, parole che sanno convincere, e talvolta commuovere.

C’è un’ambiguità in tutto questo che non possiamo ignorare. La filosofia, che dovrebbe essere esercizio gratuito del dubbio, si trasforma qui in evento, in prodotto culturale, in esperienza da acquistare. E Galimberti non è certo l’unico a prestarsi a questo rito – non è una colpa, ma un segno dei tempi. In un’epoca in cui il pensiero critico è residuale e i teatri si riempiono solo se c’è un volto noto, il filosofo diventa performer, il logos si fa merce.

E tuttavia, chi siamo noi per giudicare? Non è forse vero che la libertà – anche quella del pensiero – si gioca sempre nel paradosso? Che non vi è coerenza senza contraddizione? Platone li avrebbe disprezzati, questi nuovi sofisti, ma ne avrebbe anche temuto il successo. Perché quando il popolo ascolta, riflette, dubita, allora la filosofia, anche se a pagamento, torna a vivere.

A noi resta il compito più difficile: non quello di assistere, ma di pensare. E distinguere, tra parola e verità, tra apparire e essere. Anche quando, sotto le stelle di Alghero, sarà proprio l’illusione della libertà a prendersi la scena.

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