Il mare che bagna l'Isola dell'Asinara, gioiello della natura, si trova ora a confrontarsi con un nemico subdolo e pervasivo: i rifiuti di plastica e microplastiche.
Il recente progetto dell'Università di Sassari, "Creazione di una strategia per il monitoraggio del marine litter nell'Area Marina Protetta dell'Isola Asinara con il coinvolgimento dei pescatori", ha lanciato un allarme preoccupante.
Dopo mesi di osservazioni scrupolose, il progetto ha registrato 74 segnalazioni di inquinamento. Più della metà di queste sono state effettuate tramite l'app "Sea waste finder", mentre il resto attraverso un dispositivo Garmin. Il quadro che emerge è inquietante: il 36% dei rifiuti è plastica, seguita da multimateriali e legno trattato.
Una parte significativa dei rifiuti è stata scoperta proprio grazie all'attività di pesca, segnale chiaro di come il mare sia diventato una discarica silenziosa. Inoltre, l'analisi dei dati, incrociati con i resoconti di 50 pescatori, suggerisce che quasi la metà dei rifiuti marini di plastica provenga dalle attività di trasporto marittimo. Stagionalità, condizioni meteorologiche e correnti giocano un ruolo fondamentale nella distribuzione di questi materiali inquinanti.
I risultati del monitoraggio indicano sei cluster principali di inquinamento marino, situati lungo le rotte di navigazione. Le aree vicino ai porti di Porto Torres e Stintino sono quelle più colpite, mentre l'area dell'Area Marina Protetta dell'Asinara registra valori più bassi di inquinamento.
Interessante notare che le microplastiche, pur presenti, sono in percentuale inferiore nelle acque intorno all'Asinara rispetto ad altre aree.
Infine, nell'area della Pelosa si osserva una diversità di plancton inferiore a quella delle acque dell'Asinara. Questo dato, sebbene possa sembrare un dettaglio, è invece un campanello d'allarme sulla salute del nostro mare, un indicatore silenzioso ma eloquente della crisi ambientale che stiamo attraversando.