Sono 131 le vittime ogliastrine del coronavirus
dall’inizio della pandemia sino ad oggi. A dirlo sono i dati del
Servizio di igiene pubblica della Asl Ogliastra che evidenziano anche un
numero di contagiati di oltre 23mila persone. Il 18 marzo si celebra in
tutta Italia la Giornata nazionale in memoria delle vittime
dell’epidemia di coronavirus, una ricorrenza istituita formalmente il 17
marzo 2021. La data scelta è quella in cui nel 2020 i camion militari
carichi di bare sfilarono per Bergamo, un’immagine che scosse tutta
l’Italia.
«Il numero di morti che riguarda il nostro territorio non è di poco
conto – spiega Natalino Meloni, coordinatore dell’Usca durante tutto il
periodo della pandemia – sono persone che con ogni probabilità potevano
essere ancora in vita». Il dottor Meloni in Ogliastra è stato in prima
linea sin da quando la pandemia ha iniziato a dare le sue prime
avvisaglie. «I primi venti di guerra, come sappiamo, si sono fatti
sentire agli inizi del 2020. A marzo sono stato contattato dalla Asl per
istituire l’Usca.
Nonostante fossi in pensione, per dovere morale non ho
potuto dire di no, non mi sarei guardato potuto più guardare allo
specchio se avessi rifiutato – racconta - ricordo che il 5 maggio del
2020 siamo stati la prima Usca partita in Sardegna, con sede nella
guardia medica turistica di Barisardo». Un’équipe che a pieno regime era
composta da 10 persone (6 medici e 4 infermieri) con i compiti
principali di effettuare i tamponi e di seguire clinicamente i pazienti
colpiti dal virus. Dopo i primi mesi di relativa tranquillità,
dall’agosto del 2020 arrivò la prima significativa impennata di contagi.
«Da lì in avanti cominciammo a lavorare in maniera pressante – ricorda
Meloni - trasferte lunghissime, come ad esempio a Seui e Perdasdefogu,
saltavamo i pasti e a volte rientravamo a casa anche a mezzanotte. E’
stata dura sino almeno a metà 2022, anche se devo dire che la Asl
Ogliastra ci ha supportato al 100%, fornendoci tutto ciò di cui avevamo
bisogno - continua l’ex coordinatore dell’Usca. «Di quell’esperienza,
oltre alle difficoltà del momento. mi porto dietro la riconoscenza di
tante persone. Ogni giorno chiamavamo i pazienti sintomatici e
asintomatici in isolamento: quella telefonata quotidiana per loro era un
momento liberatorio, in questo modo non si sentivano soli» Lavorare in
quelle condizioni è stato anche un eccezionale banco di prova dal punto
di vista professionale: «La lotta con questo nemico sconosciuto ci ha
fatto migliorare – conclude Meloni –eravamo costretti ad aggiornarci
continuamente: il virus mutava e noi dovevamo essere pronti ad adattare
le nostre armi ai cambiamenti».
Un’altra figura da subito impegnata a fronteggiare la pandemia è stata
Laura Lai, dirigente medico di Igiene Pubblica. In quel periodo il suo
servizio aveva in carico il monitoraggio e il tracciamento dei casi e
dei contatti.«Avevamo una mole di lavoro importante sulle spalle –
racconta Lai - soprattutto dal marzo 2020 sino ad agosto 2022, siamo
stati fortemente sotto pressione. Non era sempre facile tenere i
rapporti con le persone, con le forze dell’ordine, con i comuni.
Inoltre,dovevamo gestire anche pazienti con esigenze particolari, come
ad esempio donne in stato di gravidanza positive al virus che avevano
necessità di accertamenti programmati. Un lavoro estremamente delicato».
Poi dall’inizio del 2021 è cominciata la campagna vaccinale che ha
impegnato ulteriormente il servizio:«In quella fase avevamo in capo la
gestione organizzativa della campagna: la parte informativa, quella
logistica, ma anche quella della gestione della somministrazione, dove
abbiamo partecipato in prima persone alle sedute vaccinali». Anche la
dottoressa Lai, nonostante le grandi difficoltà del momento si porta
dietro delle gratificazioni dal punto di vista umano: «Di quel periodo
nonostante i problemi che abbiamo dovuto affrontare, è rimasto anche il
ricordo delle persone che ci ringraziavano per il nostro operato, perché
si rendevano conto del momento straordinario e duro che stavamo
vivendo».