Sembrerebbe esserci Cagliari che non si accontenta più di “giocarsela”. Non
è la versione rassegnata, né quella che spera in un rimbalzo fortunato e una
carezza del destino.
No.
Questa è la squadra che entra in campo con la stessa fame di chi ha
prenotato al ristorante e ha scoperto che il cuoco sta per andare in pausa.
La Roma arriva in Sardegna con l’atteggiamento di chi pensa di dover solo
spolverare il tavolo, e invece si ritrova il Cagliari che gli stacca direttamente la
tovaglia da sotto i piatti. Il risultato? Una partita che i giallorossi ricorderanno
come “quella volta che siamo stati bullizzati senza nemmeno rumore”.
Il gol di Gaetano è la sintesi perfetta del pomeriggio: uno entra fresco fresco,
guarda negli occhi la Roma e le dice con elegante crudeltà “Scusa, questo lo
prendo io”.
La squadra di Pisacane corre, lotta, ringhia e, dettaglio non scontato, gioca a
calcio. Non butta via palloni, non si schiaccia dietro per 90 minuti e
soprattutto non si vergogna di avere idee. Sì, idee: quelle cose misteriose che
certi avversari scambiano per optional.
Folorunsho demolisce le linee avversarie come un idraulico chiamato
all’ultimo minuto. Palestra mostra che ormai la fascia è proprietà privata. E
Obert, nell’azione della ripresa, rischia seriamente di convincere la gente a
chiedere il rimborso del biglietto… perché dopo quello, di meglio non può più
accadere.
Difendere il vantaggio? Certo. Ma senza tremare. Senza implorare la
Madonna degli Stoppa-Palloni. Solo organizzazione, voglia e una serenità
quasi sospetta.
Il Cagliari vince e convince.
E se questa è la nuova versione della squadra, una cosa è chiara:
la salvezza non è più un voto sussurrato.
È una frase detta a voce alta, con convinzione, e magari anche con un
sorriso un po’ malizioso.