Nel labirinto delle città che parlano, Sassari è una di quelle che non tace. Venerdì 13 giugno, in uno di quei pomeriggi in cui l’estate si annuncia col passo lento delle stagioni pensose, una voce proveniente da Teheran — e maturata nel suolo italiano — farà vibrare l’aria della Sala Conferenze della Fondazione di Sardegna.
È Pegah Moshir Pour, nata nel 1991 nella città dei mille occhi, Teheran, cresciuta in Italia come si cresce tra due mondi: in equilibrio tra la nostalgia e il desiderio, tra ciò che si lascia e ciò che si costruisce. Scrive, Pegah, ma scrivere non le basta: testimonia. La sua presenza segna il quarto appuntamento della Scuola di politica “Domucratica”, e con sé porta un libro che è più di un libro: La notte sopra Teheran, edito da Garzanti nel 2024, è un atlante emotivo, un diario d’esilio, un canto di protesta che raccoglie voci spezzate e le riallaccia con il filo sottile e tenace della memoria.
In quelle pagine si aggira una città che respira di notte, una città dove le donne camminano con la testa alta e la paura negli occhi, eppure non indietreggiano. “Donna, vita, libertà” — lo slogan che ha incendiato le strade iraniane nel 2022 dopo la morte di Mahsa Amini — non è solo un grido: è una geometria morale, un’architettura di senso. È il ritmo di un cuore collettivo che non vuole più vivere nell’ombra.
La voce di Pegah si fece sentire già sul palco del Festival di Sanremo 2023. Ma a Sassari, città di pietra e di vento, sarà possibile ascoltarla senza filtri, nella sua forma più limpida e politica. Una città, questa, che si scopre ogni volta vigile, che dialoga con il mondo come si dialoga con un amico lontano ma prossimo per pensiero e sensibilità. Non è un caso che l’incontro sia frutto della sinergia tra ACLI provinciali, Fondazione di Sardegna, Emergency, Amnesty International, e una costellazione di associazioni che fanno della parola ponte un’azione quotidiana.
A moderare sarà Giuseppe Fresu, con l’intervento del sindaco Giuseppe Mascia e dei docenti Marco Calaresu e Silvia Angioi, affiancati da attiviste come Loredana Barra e Lavinia Rosa. E se la cultura è ciò che resta quando il rumore si spegne, allora questa serata è una prova che la cultura, qui, non è un ornamento, ma una resistenza.
L’ingresso è libero. Ma chi siederà tra quelle sedie avrà l’onere e l’onore di ascoltare una storia che non cerca pietà, bensì alleanza. Perché sopra Teheran, come sopra ogni città che non si arrende, la notte può anche cadere — ma la parola, se detta bene, è già un’alba.