Federico Buffa e il suo gemellaggio con la Sardegna. Un rapporto che va avanti negli anni

  I racconti di Federico Buffa sono coinvolgenti, appassionano a prescindere. Hanno qualcosa che ti trascina, che ti porta ad immedesimarti nei personaggi. Davvero straordinarie certe sue storie, assolutamente non condite, ma che riportano una realtà vissuta. Lo stesso Federico Buffa, con la sua eccezionale empatia, si è immedesimato nella parte ed ha accolto gli ospiti del teatro personalmente, stringendo la mano a tutti coloro che entravano nella struttura per assistere alla sua “performance”. Con la Sardegna ha sempre avuto un legame forte, capace di resistere nel tempo. A San Gavino Monreale si è visto un Federico Buffa per certi versi inedito, più a suo agio. 

  Qual è il valore aggiunto che da il teatro rispetto alla televisione? “Sono due mondi completamente diversi.-ha detto-Quando c’è da registrare una trasmissione c’è sempre dietro il regista che ti ferma nel caso non sia tutto lineare. Eventualmente si fa nuovamente la stessa scena riproposta in maniera più consona. In teatro invece non puoi “bluffare” o riproporre, è tutto in diretta, live, e sei davanti al pubblico. Possiamo affermare che in tv è un medium freddo, mentre in teatro è un medium caldo. Le persone che assistono sentono il tuo respiro e tu senti il loro. È davvero un’esperienza eccezionale”. Tante le telecronache commentate da Federico Buffa: “Una delusione però c’è. 

  Dal punto di vista professionale non essere riuscito a commentare la finale delle Olimpiadi 2012 fra Stati Uniti e Spagna, praticamente due squadre NBA che si affrontavano”. È proprio il basket è stato uno dei suoi più importanti punti di forza. Ma chi è stato il più grande? “Non ho difficoltà a dirlo. Un cronista che ha visto Michael Jordan nella gara-5 del 1997 e in gara-6 del 1998, due finali NBA, non può che indicarlo come un giocatore inarrivabile. In quelle due occasioni fece delle cose che rasentano l’impensabile”. Nel suo giro nell’isola Buffa ha avuto modo anche di confrontarsi con i più giovani ed i giovanissimi. “È stato un momento bello e coinvolgente.-ha proseguito-Mi è capitato proprio a Tempio Pausania, qualcosa che non ti aspetti. Domande da parte di ragazzini di 17 anni che ti inchiodano e ti mettono in condizione di non saper controbattere. Questa volta mi è capitato in Sardegna, ma sarebbe potuto accadere ovunque, in qualsiasi altra parte d’Italia. Davvero un momento di condivisione che ti arricchisce”. 

  Lo smartphone è qualcosa che oramai è entrato nella norma dei giovani. Che spesso dipendono da esso in tutto e per tutto, con le famiglie che ovviamente raggiungono un alto livello di preoccupazione. “Detesto un mondo concentrato in un rettangolo.-ha chiarito Buffa-Io sono stato abituato ad andare nei posti di persona e non da remoto. Non mi nascondo che è un fenomeno sul quale sarebbe necessario concentrarsi di più e meglio”. Ci sono stati dei grandi personaggi dello sport, come ad esempio Diego Armando Maradona e tanti altri, che sono scivolati sulla classica buccia di banana. “Certo, la droga è un altro tipo di dipendenza. Secondo me però ci sarebbe da concentrarsi su coloro che sono riusciti ad uscire dal tunnel della droga con la forza di volontà e non su quelli che invece sono stati sopraffatti. È anche vero che i grandi personaggi hanno le possibilità economiche di andare in cliniche specializzate laddove possono disintossicarsi, mentre i ragazzi giovani non riescono a compiere lo stesso percorso. Occorre maggiore sensibilizzazione”. Così come il gioco d’azzardo, altra piaga della società moderna. Buffa conclude: “Quando si tocca l’argomento dell’azzardo io ricordo che un giocatore dell’NBA, il quale aveva scommesso su alcune partite, è stato squalificato a vita. Ho visto però che nel calcio, un giocatore che ha scommesso sulle gare della propria squadra se la cava con dieci mesi. È giusto un discorso culturale, di mancanza di rispetto nei confronti di tutto il contesto”.

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