Nel Consiglio comunale di venerdì 12 dicembre Emiliano Piras, presidente della commissione urbanistica ed ex assessore della precedente giunta, ha messo in discussione alcune scelte di spesa dell’amministrazione. Non attacco complessivo, ma critica mirata a singoli capitoli, ritenuti poco aderenti alle priorità della città. In quel contesto ha pronunciato una frase rimasta impressa: «Preparatevi al ritorno sul pianeta Alghero».
Il senso dell’intervento era chiaro: richiamare l’amministrazione a una maggiore attenzione nella distribuzione delle risorse, soprattutto dopo un anno in cui l’avanzo di bilancio ha consentito una gestione più ampia della spesa. Nessuna negazione dei lavori necessari, nessuna opposizione ideologica agli investimenti, ma una richiesta di maggiore selettività.
Oggi il gruppo consiliare di cui Piras (Noi riformiamo Alghero) è espressione ha inviato una nota alla stampa chiedendo all’amministrazione di valutare l’acquisto dell’ex filiale del Banco di Sardegna di Largo San Francesco. Una proposta motivata dalla posizione strategica dell’immobile, dalla contiguità con l’ex caserma dei Carabinieri già oggetto di interventi pubblici e dalla necessità, dichiarata, di ridurre il ricorso a immobili comunali in locazione.
Qui il gruppo dà implicitamente manforte a Piras che ha contestato alcune spese già effettuate; indica un investimento che ritiene opportuno magari rispetto ad altre già fatte. Il punto non è stabilire chi abbia ragione, ma chiarire il criterio: su cosa si decide di spendere, e perché proprio lì. Criticare una scelta non significa negare la possibilità di investire, ma implica l’assunzione di una gerarchia tra le priorità. Ed è questo il punto: quali sono e chi le decide, come le decide o stabilisce? Inoltre questa gerarchia non emerge con chiarezza. E non riguarda solo una parte politica. È il riflesso di una maggioranza costruita per vincere, molto larga, composta da sensibilità diverse. Una somma di gruppi e di istanze che, finché restano allineate sul piano elettorale, tengono; quando però si entra nel merito delle decisioni, iniziano a chiedere risposte diverse, spesso tutte legittime, ma non sempre compatibili tra loro.
In questo spazio si collocano anche le voci meno strutturate, quelle che non hanno la forza dei numeri ma pongono questioni difficili da eludere. Il consigliere Marco Colledanchise, in un intervento notturno sui social, ha messo a confronto la spesa sostenuta per il Natale – luminarie, installazioni, eventi – con la mancata attuazione di una proposta avanzata a inizio mandato: un fondo di garanzia comunale per favorire gli affitti a lungo termine.
La proposta non prometteva soluzioni risolutive, ma un intervento circoscritto e immediatamente attivabile. Per mesi la risposta è stata la stessa: attendere uno studio. Quello studio è stato commissionato, è costato risorse pubbliche per quanto autorevole. E ha indicato proprio il fondo di garanzia come una delle leve possibili. A oggi, però, non si è passati alla fase operativa.
Nel frattempo, l’assessore all’Urbanistica Roberto Corbia è intervenuto a Montecitorio parlando di Piano Casa, segnalando come la questione abitativa sia ormai centrale anche nel dibattito nazionale. Una constatazione che apre una domanda inevitabile anche su quel fronte che si collega implicitamente al tema delle spese: se l’emergenza abitativa è oggi riconosciuta come prioritaria, come scrivono alcuni esponenti della maggioranza sui social, perché nell'ultimo anno se n’è discusso così poco in Consiglio comunale? A memoria, a insistere con continuità sul tema è stato proprio Colledanchise, dal giugno 2024 fino a oggi. Esclusa la parentesi della presentazione in aprile dello studio sulla crisi abitativa che è stato richiesto. E poi?
Quindi è chiaro che il nodo non è il bilancio, né l’acquisto di nuovi immobili, né la spesa per gli eventi. Il nodo è più semplice e scomodo: decidere cosa viene prima e cosa può aspettare, assumendosi il peso politico di quella scelta.
Perché il “ritorno sul pianeta Alghero”, evocato in aula è una richiesta di realtà. E la realtà, in politica, passa quasi sempre da una decisione che esclude qualcos’altro e quando si è in tanti a chiedere il malumore facilmente può serpeggiare e mordere.