Todde incassa la vittoria alla Consulta: “Lavoriamo solo nell’interesse della Sardegna”. E il Governo resta a guardare

 Siamo alla frutta, sì. Se ormai tocca perfino richiamare i medici in pensione per garantire l’assistenza sanitaria nelle zone interne della Sardegna, vuol dire che la macchina statale – quella vera, quella che dovrebbe tenere in piedi il diritto alla salute – ha lasciato il motore acceso e se n’è andata. Ma almeno, stavolta, la Corte Costituzionale ha riconosciuto che la Regione non ha sbagliato strada. Anzi.

La sentenza n. 84, depositata il 20 giugno, boccia senza appello il ricorso del Governo contro l’articolo 1 della legge regionale n. 12 del 2024, che autorizzava i medici di medicina generale in quiescenza a partecipare, su base volontaria, a progetti di assistenza nelle aree disagiate, comprese le attività di prescrizione farmaceutica tramite ricettario. Non una rivoluzione, ma una pezza dignitosa su un buco che da troppo tempo resta scoperto. “Apprendiamo con soddisfazione che oggi la Corte costituzionale ha respinto la questione di legittimità costituzionale in merito alla nostra legge regionale in cui si autorizzavano i medici di medicina generale in pensione ad aderire a progetti di assistenza primaria e continuità assistenziale per assicurare la completa copertura delle cure primarie nelle aree disagiate e a disporre dei ricettari. Continuiamo a lavorare a testa alta nel solo interesse dei sardi e della Sardegna”, ha dichiarato la presidente Alessandra Todde.

Il Governo, nel suo ricorso, aveva sostenuto che la norma regionale violasse l’articolo 117 della Costituzione, attribuendo allo Stato la competenza esclusiva in materia di ordinamento civile e, quindi, anche nella stipula dei contratti collettivi del comparto medico. Ma la Consulta, pur riconoscendo l’importanza dell’accordo collettivo nazionale – quello che, per inciso, vieterebbe ai medici pensionati di esercitare – ha affermato che la Regione ha agito nel pieno delle sue prerogative, in un contesto di emergenza sanitaria strutturale. “Siamo molto soddisfatti per la sentenza della Corte Costituzionale che riconosce in via prioritaria ed inequivocabile il diritto alla salute dei sardi e riconduce alla competenza legislativa della Regione Sardegna la facoltà ad agire per tutelare questo diritto, sancito dalla nostra Costituzione all’articolo 32”, ha affermato l’assessore alla Sanità Armando Bartolazzi.

Non solo. Secondo Bartolazzi, la decisione della Consulta “apre nuovi scenari giurisprudenziali” e potrebbe rendere la Sardegna un modello anche per altre regioni alle prese con lo stesso problema: la desertificazione medica nelle periferie della Repubblica. “La Regione ha disposto in via emergenziale un provvedimento che non prevarica alcuna normativa ma al contrario, individuava una soluzione a carattere temporaneo per non privare i cittadini sardi, soprattutto nelle aree disagiate, di un servizio essenziale come quello della continuità assistenziale potendo usufruire della disponibilità a titolo volontario dei medici in pensione”.

Finché a Roma si discute di astratte competenze, in Barbagia si resta senza dottore. La differenza è tutta lì. E stavolta, almeno, il giudizio supremo ha dato ragione a chi ha cercato una soluzione concreta. Senza proclami. E soprattutto senza arrendersi.

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