Voleva volare a Londra con un passaporto giapponese, ma parlava cinese e l’inglese lo masticava a fatica. È finita male per un passeggero fermato dalla Polizia di Frontiera all’aeroporto di Cagliari-Elmas.
L’uomo, cittadino cinese, si è presentato al banco d’imbarco con un documento di Tokyo. Peccato che il portale automatico E-gate abbia rilevato un’anomalia sul microchip. Da lì i controlli manuali, poi quelli più approfonditi: la copertina e la pagina dei dati biometrici erano stampate con tecniche diverse da quelle originali. In altre parole, un falso.
A togliere ogni dubbio è stato il diretto interessato. Alla domanda in giapponese, non ha saputo rispondere. In inglese stentato ha ammesso: «Parlo cinese».
A quel punto sono scattate le manette. Il giudice ha convalidato l’arresto, disposto il sequestro del passaporto contraffatto e l’uomo ha patteggiato dieci mesi e venti giorni di reclusione, pena sospesa. Ora resta aperto il capitolo amministrativo, visto che ha anche presentato domanda di protezione internazionale.
Insomma, il piano era semplice: fingersi giapponese per passare inosservato. Ma se fosse bastato il passaporto e non la lingua, oggi il signore sarebbe già a Londra.