Il primo campionato italiano si giocò nel 1898. Una sola giornata, quattro squadre, vinse il Genoa Cricket and Athletic Club. Erano altri tempi: palloni duri come sassi, campi da oratorio e arbitri che fischiavano poco.
Nel 1915 il torneo si fermò. Non per scioperi o televisioni, ma per la Grande Guerra. Ripartì solo nel 1920, con l’Italia ancora piena di ferite.
Il vero salto arrivò nel 1930: basta tornei spezzettati, nasce il girone unico. La Serie A come la conosciamo oggi. Da lì, pagine memorabili. Il Grande Torino del presidente Novo, che negli anni ’40 mise in fila cinque scudetti di fila, prima di finire in tragedia a Superga.
Negli anni ’70 toccò al Cagliari di Manlio Scopigno. Più filosofo che allenatore, guidò una squadra che si aggrappava ai gol di Gigi Riva. Uno scudetto solo, quello del 1970, ma basta per entrare nella leggenda.
Poi arrivò la Juventus, spietata e regolare. Dal 1972 al 1978 infilò cinque titoli, mentre il Milan inseguiva il decimo scudetto.
Oggi il calcio è cambiato. Spezzettato tra anticipi e posticipi, più palinsesto televisivo che rito domenicale. Eppure, tra un VAR e un replay, resta sempre la stessa attesa: vedere chi sarà l’outsider pronta a ribaltare i pronostici.