Da oggi la Sardegna sarà più povera - Ci lascia una grandissima donna e una grandissima artista

  "Sei andata via così all'improvviso Mamma. Dolores Demurtas sei stata la mia Maestra, la persona più onesta e leale che io abbia mai conosciuto. Un'artista straordinaria capace di far divenire l'argilla lieve come petali di rosa, costruttrice di monumenti, ritrattista sopraffina. Forte e testarda come una Leonessa! Sarai sempre nel cuore delle tue figlie. Ora sei con papà" (ndr. Aurelio Demontis è stato un pittore e un vignettista sardo, campione regionale di sollevamento pesi massimi negli anni Sessanta, che nel ‘63 realizza i primi cartoni animati in Sardegna. 

  Con questo post la figlia Angela Demontis annuncia la dipartita della madre Dolores Demurtas. Tutto cominciò per caso settantasei anni fa. Dolores ha cinque anni e a Lanusei (il paese dell’Ogliastra dove viveva con i genitori, le sorelle e il fratello) piove così tanto da allagare case e strade. Con la pensione del padre, nel ‘53, la famiglia si trasferisce ad Assemini, il paese di mamma Adelina. Per Dolores è l’inizio della svolta. Continua a lavorare l’argilla e può cuocerla nella fornace del paese. Ricorda quando, andando al forno, era additata per i suoi giochiteddus (come gli assiminesi ne chiamavano i primi lavori con un certo disprezzo). «Pensavo che se mi si fossero avvicinati, glieli avrei spaccati in testa». Nel paese della ceramica, dei vasi e delle civeddas, questa ragazzina è considerata strana.

  La fama di Dolores arriva così alle orecchie di Ubaldo Badas, l’architetto cagliaritano tra i principali promotori di I.S.O.L.A. (Istituto sardo organizzazione lavoro artigianale). Grazie a questo incontro, nel '56, le sue terrecotte sono esposte alla Prima Mostra dell’Artigianato sardo di Sassari. Da quel momento è un susseguirsi di esposizioni: Sassari, Firenze, Taormina, Rimini, Bruxelles, Strasburgo, Ginevra, Singapore. Le sue opere viaggiano, ma Dolores non le segue. «A quei tempi per una ragazza non c’erano né le libertà né le possibilità economiche che ci sono ora», commenta. Nel ’57 si trasferisce a Cagliari, «a Villa Garzia, al 115 di Sant’Avendrace». Nel giardino costruisce con le proprie mani un fornetto a legna. Ma un brutto acquazzone, nel ‘59, lo distrugge. 

  Poi nel 1960, grazie a un prestito di 500 mila lire della Regione Sardegna, arriva a casa un fornetto elettrico» e tutto cambia: i colori sono brillanti e non c’è più la fatica del forno a legna. Le ceramiche di Dolores piacciono anche oltre mare, in un momento in cui pochissimi artisti sardi (men che meno donne) riescono ad avere successo fuori dall'isola. Negli anni saranno accolte a Palazzo Pitti a Firenze, negli spazi della Biennale di Venezia e della Triennale di Milano, nei musei di Londra, Parigi, Sidney, Tokyo, Montreal. Non convincono, invece, Eugenio Tavolara, l’artista sassarese che negli anni Sessanta aveva sostituito Badas nell’organizzazione della Mostra mercato di Cagliari. In un primo momento, a Dolores viene addirittura chiesto di portar via i suoi lavori dalla mostra, ma in pochi giorni sono tutti venduti e c’è bisogno di nuovi pezzi. Nel 1985 i suoi lavori e quelli di altri dieci artigiani e artigiane sarde - con cui era entrata a far parte di un consorzio- sono esposti prima a Miami e poi a New York, al palazzo ICE (l’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane). 

  La forza di Dolores, in quegli anni, sono state le due figlie avute dal pittore e vignettista Aurelio Demontis, con cui si era sposata nel ‘67, dopo averlo conosciuto a una mostra. Per anni la loro casa è stata un punto d’incontro di artisti. Dolores era una delle poche donne in un mondo di pittori e scultori, e può ancora oggi vantare uno stile unico: ceramiche decorate bianco su bianco, dove fiori e foglie spiccano come pizzi delicati. La vita di questa artista è ricca di aneddoti: la scultura di Gigi Riva osannata per strada dai tifosi nell’anno dello scudetto del Cagliari, la visita fugace del latitante Antonio Mesina (affacciatosi per un attimo in bottega, per vedere la scultura che lo rappresentava, senza che Dolores avesse tempo di realizzare chi fosse), la conoscenza con Pinuccio Sciola (a cui cuoceva i primi lavori nel fornetto elettrico), l’incontro con Papa Giovanni Paolo II, in visita a Cagliari nel 1985. Dolores gli regalò un piatto in terracotta lavorato a bassorilievo, decorato con le insegne papali in platino e oro. «Anche le mie bambine avevano sempre le mani sporche di terra – racconta in un’intervista Dolores Demurtas – ma io non le sgridavo, lasciavo che la mangiassero perché l’argilla ha poteri depurativi per l’organismo». Da queste parole traspare il profondo legame di questa donna, minuta, dai vispi occhi verdi, con la sua terra, la Sardegna, e con il suolo ricco di minerali di quest’ultima: l’argilla. «Ho usato quasi tutte le terre, tanti colori e tipi argille mischiate per ottenere effetti particolari: la terra di Sardegna è fatta di strati e ho sempre cercato di sperimentare tra le diverse gradazioni, guardando la terra si capisce quanto tempo ci mette la natura a creare» La maestria nel lavorare questa materia, nonostante fosse autodidatta, e il rispetto per la tradizione ceramista sarda, la portano a creare piccoli capolavori, in particolari sculture e vasi, o grandi pezzi decorativi, come il pannello di tre metri per quattro, denominato L’Inferno dantesco, esposto a Cagliari. La particolarità dei suoi lavori sono gli effetti cromatici unici e spettacolari, ma la manualità rimane l’elemento distintivo della sua produzione, in particolare nel realizzare i decori naturalistici -come fiori e rami – ispirati alla vegetazione sarda . Oggi il mondo è più povero. Una grande donna ci ha lasciato, ma le sue opere rimarranno a indelibile testimonianza della sua arte.

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