Portoscuso, GrIG: "Non ce la possiamo fare, non si può che realizzare scempi"

  Portoscuso, sud ovest della Sardegna. Da decenni terra di pesante inquinamento industriale, devastanti effetti sulla salute, subdoli ricatti occupazionali e apatìe sociali. Unica zona rimasta ancora integra era Capo Altano. 

  Costa alta, falesie dove vola il Falco della Regina (Falco eleonorae), macchia mediterranea, l’odore del mare e lo sciabordio delle onde. Area costiera tutelata con il vincolo paesaggistico (decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.), in gran parte terreni appartenenti al demanio civico (legge n. 1766/1927 e s.m.i., legge n. 168/2017, regio decreto n. 332/1928 e s.m.i.; legge regionale Sardegna n. 12/1994 e s.m.i.), scampati alla speculazione industriale anche grazie a risalenti azioni legali del Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG). Una qualche amministrazione pubblica decide di realizzare una pista ciclo-pedonale su una preesistente viabilità su fondo naturale. E’ tutto molto ecologico, green, politicamente e socialmente corretto. Bene, finalmente qualcosa di pulito e verde a Portoscuso. E invece no.

  Niente da fare, dev’essere uno scempio. Bisogna rimanere in tema con ciminiere e discariche. Una striscia rossastra che richiama i fanghi rossi con segnaletica visibile da lunga distanza. Una pista così migliora una periferia cittadina, una pista così degrada un ambiente fino a prima integro come quello di Capo Altano. Non è necessario un genio della progettazione naturalistica per capirlo. 

  Il GrIG ha inoltrato (14 gennaio 2022) una specifica istanza di accesso civico, informazioni ambientali e adozione degli opportuni provvedimenti per verificare la sussistenza o meno delle necessarie autorizzazioni amministrative. Coinvolti il Ministero della Cultura, la Regione autonoma della Sardegna, il Comune di Portoscuso, la Soprintendenza per Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Cagliari, la Provincia del Sud Sardegna, il Corpo Forestale e di Vigilanza Ambientale. 

  Informata, per opportuna conoscenza, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari. Al di là della presenza o meno delle autorizzazioni di legge, rimane tristissimo il modus operandi per un ambiente che meriterebbe ben altra cura.

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