A volte il progresso arriva in punta di fioretto. Mentre altri sport discutono di barriere, la scherma le abbatte. Oggi a Nîmes, in Francia, il progetto europeo FEIB – Fencing: Equity, Inclusion and Belonging presenta la metodologia V.A.P.E.P., un modello pensato per unire atleti disabili e normodotati nella stessa pedana. Una piccola rivoluzione silenziosa, partita da un’idea italiana.
Dietro l’acronimo, c’è una filosofia: Valorizzazione, Consapevolezza, Partecipazione, Educazione e Benefici fisici e sociali. Cinque parole che sembrano un manifesto più che un metodo di allenamento. «Vogliamo diffondere in tutta Europa una strategia capace di abbattere le barriere — spiega Lorenzo Radice, presidente dell’Accademia Scherma Milano e coordinatore del progetto —. L’obiettivo è rendere ogni lezione un’occasione di crescita, non solo sportiva ma anche umana».
In sostanza, V.A.P.E.P. è una guida per allenatori, educatori e dirigenti sportivi. Propone regole pratiche e un linguaggio nuovo per affrontare la disabilità nello sport: non come limite, ma come risorsa. Dalla valorizzazione del singolo alla consapevolezza degli altri, dall’ascolto reciproco all’equità vera, quella che non predica ma pratica.
Il progetto, sostenuto dall’Unione Europea, è frutto di un lavoro congiunto tra club, federazioni e studiosi. La scherma, per la sua natura fisica e mentale, è il terreno ideale per sperimentare questo modello. Dietro ogni stoccata, dopotutto, ci sono equilibrio, autocontrollo e rispetto dell’avversario: tre virtù che andrebbero esportate ben oltre le pedane.
Chi vorrà potrà scaricare il manuale integrale dal sito www.feib-erasmus.eu, ma il messaggio si capisce anche senza glossari: lo sport, se vuole essere civile, deve includere. E la scherma, che per secoli è servita a difendere, oggi insegna a comprendere.