Memorie algheresi: L'Ulisse di Alghero (Parte II)

  L’unico componente industriale dell’accendino, un pulsante per abat-jour,una lampada da notte per il comodino, comprato in uno dei due negozi di elettricista al Corso Via Carlo Alberto, il tutto montato su una porzione di canna come manico e avvolto con nastro di tela gommosa appiccicosa. L’articolo ebbe molto successo e si costruiva su base confidenziale, motivi di monopolio. Di businnes manco a parlarne, i soldi non interessavano. Ma il suo tempo lui preferiva impegnarlo nel disegno e realizzazione con il traforo di modelli di motoscafi, che a mia memoria, quanto a proporzioni ed eleganza, gli scafi Riva Acquarama non avevano molto da gongolare. Ed è così che prende piede, il singolare è d’obbligo, il personaggio non ancora battezzato di “ Ulisse”. Smise l’attività di sarto al centro storico e si dedicò alla sua vera passione, le barche autocostruite ed il mare, con un leggero distinguo, il mare è sempre il mare vero, le barche non sempre sono barche. Ma se c’è questa passione la si vive senza condizionamenti di sorta. 

  Si costruì, con quello che raccolse, una piccola imbarcazione, che con i modellini precedenti non aveva ne la forma ne l’eleganza, ma stava in acqua, una bagnarola con un motore di ultima mano. Il suo sogno si stava realizzando,e forte della esperienza acquisita, intraprese la costruzione di una seconda barca, sempre con materiali di recupero, però questa volta con una innovazione. Sui mercati della nautica era apparso un prodotto magico, potevi modellarlo a tuo piacimento e una volta asciutto era solido, addio ai fogli di compensato marino rigido e sempre diritto. Con la vetroresina, si poteva modellare, curvare, ma ad una condizione, date le quantità impiegate bisognava prestare attenzione ai dosaggi, molta attenzione. La resina ed il catalizzatore vanno d’accordo fino ad un certo punto, se si esagera si produce una reazione esotermica e va a fuoco. Paolo, non è mai stato taccagno, di braccino corto, e mischiava in maniera generosa resina e catalizzatore e quella prese fuoco. Addio barca. Di estintori manco a parlarne, per i pompieri bisognava telefonare a Sassari, la soluzione più pratica fu quella di chiudere la porta in faccia al fuoco e ciao. I pompieri arrivarono molto dopo chiamati dai vicini, e lui con grande rammarico, dovette un po' di tempo dopo , iniziare i lavori di un altro scafo. Questa volta più bello del precedente, si fa per dire, più grande, ed il motore trapiantato, più vecchio che mai. La bagnarola più grande e comoda vantava un posto a sedere per lui, sul lato destro della poppa, vicino al timone e avanti a prua sotto un improbabile boccaporto un contenitore chiudibile per il gatto. La bagnarola navigava benissimo, secondo lui, ed il gatto gli faceva compagnia, anche nelle uscite a mare, che con la buona stagione e non, diventavano sempre più lunghe. Ulisse oramai diventato armatore marittimo scendeva al porto con l’auto, prima aveva il motorino e con la stampella di legno legata a modo di lancia, il gatto non se lo poteva portare, ora invece il gatto poteva stare in cabina, saltare qua e là in preda ed un nervosismo sempre maggiore man mano che si avvicinava al porto e affondava le unghie dove capitava, man mano che la DAF 44 con il cambio automatico si avvicinava “all ascat” dello scalo Tarantiello ,il suo punto di sosta personale. Lasciava la macchina all’inizio dello scalo per sfruttare la discesa e riuscire ad avviare il motore “a strappo” prima che le ruote anteriori arrivassero a toccare la zona di battigia. Mai si capì se il problema era della batteria o del motorino di avviamento, ma questa era un altra storia. Lasciare l’auto allo scalo aveva anche la sua importanza, dopo qualche giorno di sosta nasceva il sospetto che qualcosa non andasse per il verso giusto e contati i giorni di sosta si dava l’allarme, la marineria algherese usciva in perlustrazione, cale, calette e anfratti a mare andavano osservate con attenzione, Ulisse poteva essere in ogni dove. Ma lui aveva sette vite in più del suo gatto e le disavventure non lo preoccupavano. L’importante era vivere come piaceva a lui. Una volta un motoscafista che non abitava ad Alghero e non conosceva la costa Algherese, passò troppo vicino alle secche del grande scoglio di fronte a Poglina e ruppe l’elica del fuoribordo. Ulisse che incrociava da quelle parti si prestò ad aggiustare il tutto con della resina epossidica permettendo il rientro in porto. Questa me la raccontò, con gratitudine, lo stesso miracolato quando seppe che anche io ero Algherese e sì potevo vantare un concittadino di tali capacità. Con il tempo ho perso di vista la barca ed il suo ineguagliabile armatore. Per come l’ho conosciuto ho capito il significato della sua filosofia di vita. CARPE DIEM

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