Mulas: “Sul Marino troppe incognite. Così il passaggio all’ASL 1 diventa un salto nel buio”

Alghero – La scadenza del 1° gennaio 2026 si avvicina e, con essa, il trasferimento dell’Ospedale Marino dalla gestione dell’AOU Sassari all’ASL 1. Un’operazione annunciata da mesi come un riordino necessario, ma che oggi accende più allarmi che certezze. Il Presidente della V Commissione Consiliare alla Sanità, Christian Mulas, rompe gli indugi e mette sul tavolo le sue preoccupazioni, scegliendo la via più diretta: un comunicato nel quale analizza punto per punto un passaggio che, allo stato attuale, rischia di trasformarsi in un cortocircuito organizzativo.

«Come cittadino e come Presidente della V Commissione Consiliare alla Sanità, avverto il dovere istituzionale di esprimere una forte preoccupazione riguardo al passaggio dell’Ospedale Marino di Alghero dalla gestione AOU Sassari alla gestione ASL 1 Sassari, previsto per il 1° gennaio 2026», scrive Mulas. Un chiarimento arriva subito: non è una polemica politica, né un atto d’accusa verso i vertici sanitari o regionali. «Una preoccupazione che non rappresenta e non deve essere in alcun modo strumentalizzata come un attacco politico ai vertici sanitari o regionali, ma una richiesta di garanzia e chiarezza per il futuro di un presidio fondamentale per il nostro territorio».

Il nocciolo della questione è semplice: senza informazioni chiare e senza una rete già attiva, il trasferimento rischia di lasciare scoperti servizi delicati. «La sanità è un diritto di tutti, e su questo tema dobbiamo, oggi più che mai, mettere da parte le casacche politiche e difendere insieme il nostro territorio».

Mulas parla esplicitamente di «incertezze» che, a pochi giorni dalla scadenza, non risultano risolte.

Le criticità individuate

Il cuore del comunicato è un elenco di problemi operativi che, se non affrontati, potrebbero bloccare interi reparti e aumentare la pericolosità clinica per i pazienti.

1. Anestesia: attività ordinarie a rischio sospensione

Oggi la sala operatoria di Ortopedia lavora grazie agli anestesisti dell’AOU in orario di servizio. Dal 1° gennaio non potrà più accadere: il contratto nazionale impedisce ai dipendenti di operare nella struttura di un’altra azienda sanitaria. L’unica via sarebbe quella delle prestazioni aggiuntive volontarie: costose, discontinue, e per definizione non garantite.

2. Emergenza-urgenza: il nodo della copertura notturna

Finora il servizio h24 è stato assicurato grazie agli anestesisti-rianimatori dell’AOU. Con il passaggio di gestione, gli specialisti del Civile hanno già comunicato che potranno intervenire solo da remoto, raggiungendo il Marino partendo fisicamente dall’altro presidio. Mulas definisce la situazione per quello che è: un rischio altissimo per le emergenze tempo-dipendenti – arresti cardiaci, insufficienze respiratorie acute, aritmie – finora gestite in loco.

3. Reparti fragili: Riabilitazione e Ortopedia

Due reparti popolati da pazienti complessi: anziani, fragili, con comorbidità importanti. Qui il ritardo di un anestesista non è un dettaglio logistico: diventa un fattore clinico potenzialmente fatale.

4. Personale medico: quattro contratti in scadenza

Il 31 dicembre scadono quattro contratti a tempo determinato nella Riabilitazione. Nessuna proposta di rinnovo è arrivata ai professionisti. La prospettiva, in assenza di soluzioni, è quella di un reparto dimezzato già nel primo mese dell’anno.

5. Farmaci e dispositivi ortopedici: filiera da reinventare

Oggi tutto passa dall’AOU. Con il cambio di gestione, questa filiera viene meno. E non esiste ancora un’alternativa formalizzata. Per un ospedale chirurgico, significa una cosa sola: rischio blocco delle attività.

Mulas arriva alle conclusioni con parole che hanno il peso di un atto politico, ma anche di un atto di responsabilità civile:

«Le criticità elencate mostrano come il trasferimento dell’Ospedale Marino di Alghero stia avvenendo in un contesto di preoccupante impreparazione organizzativa. Senza interventi immediati e risolutivi, dal 1° gennaio 2026 si determinerà una grave disfunzione dei servizi, con conseguenze dirette e potenzialmente gravi per l’utenza più fragile».

La nota si chiude così: senza toni allarmistici, ma con la sobrietà dura dei fatti. Una fotografia che, a oggi, nessuno ha smentito nel merito.

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