Industria, il Consiglio di Stato respinge il ricorso di Eni: confermata la retrocessione delle aree industriali

  Il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso presentato da Eni, confermando la piena legittimità della retrocessione delle aree industriali e sancendo la correttezza dell’azione del CIPSS. Una decisione che chiude un contenzioso lungo e complesso e che incide direttamente sul governo delle aree produttive del Nord Ovest della Sardegna. A commentare il pronunciamento sono la presidente del CIPSS, Simona Fois, e il direttore Salvatore Demontis. «Il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso di Eni, confermando la piena legittimità della retrocessione delle aree industriali e sancendo in modo chiaro la correttezza dell’azione del CIPSS. È un risultato importante per l’intero territorio, frutto di una strategia condivisa e dell’unità istituzionale costruita negli anni», dichiarano. La sentenza attribuisce un valore centrale all’interesse pubblico nella gestione delle aree industriali e riafferma il ruolo del CIPSS nella programmazione e nel governo di spazi rimasti a lungo improduttivi. Secondo quanto evidenziato nel pronunciamento, l’interesse alla reindustrializzazione e allo sviluppo economico deve prevalere sull’inerzia e sulla mancata valorizzazione di siti strategici. «È una decisione che rafforza una visione chiara – proseguono Fois e Demontis –: le aree industriali devono tornare a generare sviluppo, lavoro e opportunità concrete». Il dato dimensionale aiuta a comprendere la portata della decisione. L’azione complessiva di retrocessione riguarda oltre 600 ettari di aree industriali, collocate in una posizione strategica nel Mediterraneo. La sentenza del Consiglio di Stato, al momento, è riferita ai primi 273 ettari, ma si inserisce in un processo più ampio che mira a rimettere a valore un patrimonio territoriale finora sottoutilizzato. «Questa sentenza – dichiarano ancora la presidente del CIPSS e il direttore – conferma che la strada intrapresa era quella giusta. È una vittoria dell’interesse pubblico e dell’unità del territorio, che ha saputo fare sistema per restituire prospettive produttive, occupazionali e industriali a un’area strategica. Ora il nostro impegno sarà trasformare questo risultato giuridico in sviluppo concreto, lavoro e nuove opportunità per le comunità locali». Nel merito delle ragioni amministrative che hanno portato alla retrocessione, il direttore Demontis ricostruisce il contesto che ha reso necessaria l’azione del Consorzio. «Era un’azione obbligata anche se tutt’altro che scontata – sottolinea – e che ho avuto il privilegio di avviare e concludere sotto l’aspetto amministrativo-gestionale. Eni Rewind era proprietaria di 1250 ettari sui 2350 ettari complessivi dell’agglomerato e i restanti 1.100 ettari, esterni al perimetro Eni, erano già utilizzati. Su quali aree il Consorzio avrebbe potuto quindi rafforzare l’offerta localizzativa? Se negli anni ’80, quando su quei 1250 ettari lavoravano circa 3100 dipendenti diretti e circa il doppio di indiretti, aveva senso che le società del gruppo Eni utilizzassero 1250 ettari sui 2350 complessivi, oggi non lo ha più. Altrimenti gli spazi necessari per la riconversione e la riqualificazione dell’area di crisi industriale complessa di Porto Torres non ci sarebbero». Accanto alla retrocessione, il Consorzio sta intervenendo anche sugli strumenti di pianificazione. «Stiamo, inoltre, rivedendo il Piano Regolatore Territoriale – continuano la presidente Fois e il direttore Demontis – e stiamo prevedendo dei corridoi ecologici, fisicamente delimitati, che possano consentire ai cittadini di accedere, in assoluta sicurezza, ad aree che fino a oggi sono state sottratte alla collettività». Sulla decisione interviene anche il presidente uscente del CIPSS, Valerio Scanu, che richiama la continuità amministrativa del percorso intrapreso. «La sentenza definitiva del Consiglio di Stato conferma la correttezza e la lungimiranza di una scelta assunta qualche anno fa nell’interesse esclusivo del territorio. Viene così riconosciuta la legittimità di un’azione amministrativa rigorosa, responsabile e rispettosa delle regole. Una decisione coraggiosa e difficile, ma necessaria, per superare una situazione di immobilismo e tutelare l’uso pubblico di aree strategiche. Oggi quella scelta trova pieno riconoscimento: le aree tornano alla collettività e si apre finalmente una prospettiva concreta di sviluppo e nuove opportunità per il Nord Ovest della Sardegna. Si sancisce, perciò, definitivamente il principio che le aree industriali debbano essere governate esclusivamente dalle istituzioni locali e non dalle multinazionali».

  Il sindaco di Porto Torres, Massimo Mulas, sottolinea il valore politico e istituzionale del pronunciamento. «L’esito è il frutto di un grande lavoro di squadra – sostiene – portato avanti per il benessere dell’intero territorio dell’ex provincia turritana, ora Città Metropolitana, e delle comunità di Sassari, Porto Torres e Alghero». Mulas esprime un ringraziamento all’attuale presidente del CIPSS Simona Fois, all’ex presidente Valerio Scanu, ai componenti del Consiglio di amministrazione e ai sindaci coinvolti nel percorso, ricordando anche le figure che hanno avviato la vertenza negli anni precedenti. Per Mulas, la sentenza rappresenta anche un passaggio politico più ampio: «Vale un’intera consiliatura. Non tanto per la vittoria contro un gigante, quanto per il cambio di postura di un territorio e, soprattutto, di una nuova classe dirigente che ha compreso fino in fondo una verità fondamentale: si può fare. Si può tenere schiena dritta, stare insieme in modo compatto e leale e portare a casa risultati che sembravano impossibili». Sul piano metropolitano interviene infine il sindaco di Sassari e sindaco della Città Metropolitana, Giuseppe Mascia. «La sentenza del Consiglio di Stato ci mette a disposizione ulteriori strumenti giurisprudenziali da far valere nei rapporti con chiunque metta in discussione il diritto del Nord Ovest Sardegna a decidere il proprio destino e a gestire il proprio territorio», afferma, sottolineando come l’esito giudiziario rafforzi l’idea di un nuovo patto tra istituzioni, sistema economico e comunità locali. «Un nuovo piano di sviluppo – conclude Mascia – non può che discendere dal coinvolgimento, dalla collaborazione e dalla sintonia tra tutte le forze di cui questo territorio dispone». La sentenza chiude una fase contenziosa e apre ora il terreno delle scelte industriali e di pianificazione. Sarà su quel piano che si misurerà la capacità delle istituzioni di tradurre un risultato giuridico in prospettive produttive concrete.

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