C’è un’Italia che lavora mentre gli altri partono. Che resta in piedi mentre le navi salpano, i turisti fotografano e le città si svuotano. A Olbia, quella Italia veste una divisa e si chiama guardia giurata. Ma sotto il sole cocente del porto, non ha nemmeno un’ombra dove ripararsi.
“Turni mal gestiti, esposizione prolungata al sole, strumenti non funzionanti e carenza di personale stanno generando una situazione al limite, con gravi ripercussioni sulla salute e sulla sicurezza degli operatori”. La denuncia è di Manolo Lai, segretario generale della Fisascat CISL Gallura. Non è un grido ideologico, ma un elenco asciutto di fatti. Come quelli che una volta bastavano a far indignare un paese.
“In alcune postazioni – sostiene il sindacalista – le guardie sono costrette a rimanere esposte al sole per diverse ore consecutive, senza alcuna copertura. Non sorprende che si siano già verificati episodi di malore durante il servizio, che hanno richiesto l’intervento dei sanitari.”
Il quadro è quello di un abbandono organizzato, aggravato da quella che la Fisascat chiama “carenza strutturale di personale”. Il risultato? Pochi uomini, turni infiniti, e una gestione opaca. “Più volte abbiamo segnalato queste criticità durante gli incontri con le aziende, soprattutto in vista della stagione turistica, quando il carico di lavoro aumenta sensibilmente. Ad oggi, però, non è pervenuta alcuna risposta concreta.”
E non è tutto. “Anche le condizioni igieniche – prosegue Lai – risultano inadeguate: in alcune postazioni gli unici servizi disponibili sono bagni chimici, spesso sporchi e non sanificati, aggravando ulteriormente il disagio dei lavoratori.”
Nel gergo delle relazioni industriali, si direbbe che il sindacato “sollecita un confronto”. In termini più diretti, chiede che la smettano di ignorare chi garantisce ogni giorno la sicurezza del porto. Le richieste sono elementari: assunzioni, turni umani, coperture contro il sole, strumenti funzionanti, bagni decenti. Nulla di rivoluzionario, tutto semplicemente dovuto.
“Le guardie giurate svolgono un servizio essenziale per la sicurezza – conclude Lai – ma non possono essere trattate come invisibili. È ora che qualcuno se ne accorga.”
Il rischio, altrimenti, è che il primo a non vederle sia proprio lo Stato.