Latte ovino e Pecorino Romano DOP: i numeri, le sfide e l’allarme di Tore Piana

Una leggera flessione nella produzione di Pecorino Romano DOP e un netto calo nella produzione di latte ovino in Sardegna: sono i due indicatori principali che emergono dall’ultimo report diffuso dal Centro Studi Agricoli, che ha analizzato il periodo ottobre 2024 – aprile 2025, con proiezioni estese fino a luglio. Ma dietro i numeri c’è molto di più: c’è una zootecnia sarda che resiste, una filiera che si orienta con intelligenza al mercato, ma che chiede alle istituzioni ciò che finora ha ricevuto solo in parte – ascolto, risposte, rispetto.

Nel dettaglio, la produzione di Pecorino Romano DOP ha registrato 260.820 quintali contro i 262.240 dello scorso anno nello stesso periodo. La proiezione stagionale stima una produzione totale di 387.000 quintali, con un calo complessivo dell’1,27%. Una flessione contenuta, spiegano dal CSA, frutto non di un cedimento strutturale, ma di una razionalizzazione delle destinazioni del latte: le imprese casearie sarde stanno privilegiando la trasformazione a DOP, sacrificando produzioni non marchiate.

Discorso diverso per la produzione di latte ovino: da 296 a 281 milioni di litri in un anno, un calo di 15 milioni di litri pari al -5,06%. E qui si entra nel cuore della crisi. Secondo il report, le cause non sono da ricercare nel mercato, bensì sul versante sanitario e istituzionale.

A colpire duramente è stata la Blu Tongue, con 185 mila capi contagiati e 54 mila morti, numeri che si traducono in stalle vuote, mungiture saltate, e aziende al collasso. A ciò si sommano i ritardi nei pagamenti PAC e l’assenza di indennizzi regionali, un mix che sta minando la tenuta economica di centinaia di pastori.

A fronte di questa situazione, la tenuta del comparto caseario appare quasi un paradosso virtuoso. Il prezzo medio del Pecorino Romano DOP si attesta sui 12,30 euro al chilo, ritenuto soddisfacente per i caseifici. Le vendite complessive crescono del 9,1%, con una quota export USA in salita dall’10,6% all’11,8%, e nessun impatto negativo dai dazi. Segno che la DOP tiene, e anzi si rafforza.

Ma la pazienza è finita, come sottolinea il presidente del Centro Studi Agricoli Tore Piana, che lancia un attacco frontale al Ministero dell’Agricoltura per il ritardo nell’approvazione delle linee guida deliberate dal Consorzio, in particolare sull’obbligo di usare razze ovine autoctone per il Pecorino Romano DOP. “Non è accettabile che a fronte del lavoro responsabile e condiviso del Consorzio, ci sia un silenzio ministeriale inspiegabile. Nei prossimi giorni – dichiara Piana – il Centro Studi Agricoli solleciterà ufficialmente sia il Ministero che il Consorzio affinché si sblocchi questa situazione. Si tratta di un passaggio strategico per il futuro della DOP e per il riconoscimento delle nostre razze e delle nostre aziende. Serve rispetto anche qui.”

E se i numeri raccontano una realtà che si regge in equilibrio, le tabelle dei prezzi del latte completano il quadro. I caseifici Agri Export e Pattada guidano la classifica con 1,88 euro/litro, mentre altri impianti come PozzomaggioreCAOGuspini e Dorgali oscillano tra 1,69 e 1,61 euro/litro. Alcune realtà non hanno nemmeno comunicato i dati. Il divario tra aziende è evidente, ma ancor più evidente è la fragilità del sistema, che regge grazie all’impegno dei pastori, e non certo per meriti istituzionali.

È un settore che va coccolato, rispettato e sostenuto, non lasciato solo – conclude Piana –. I pastori stanno dimostrando grande responsabilità, destinando gran parte del loro latte alla DOP. Ma adesso servono risposte. Il tempo della pazienza è finito”.

Un grido che arriva dalle campagne sarde, dove la zootecnia ovina non è solo economia, ma identità, presidio del territorio, cultura. Chi non lo capisce, non merita il silenzio, ma l’urlo secco e chiaro di un popolo che non vuole elemosine, ma rispetto.

Cronaca