Il banco di scuola l’aveva lasciato da bambina, quando ancora la guerra spezzava famiglie e sogni. Oggi, a 86 anni, Amelia Casti ha finalmente chiuso quel cerchio rimasto aperto per tutta una vita. Lo ha fatto al CPIA di San Sperate, stringendo tra le mani l’esame di licenza media come chi riceve, in ritardo, la pergamena di un merito già conquistato con il sudore dei giorni.
La sua è una storia che sa di un’Italia che non c’è più. Nata alla vigilia della Seconda guerra mondiale, mentre il padre veniva richiamato sotto le armi — prima in Spagna, poi al fronte — Amelia imparò presto che le necessità della casa avevano più urgenza della scuola. Come tante figlie del dopoguerra fu mandata a lavorare quando ancora le lettere dell’alfabeto erano fresche e incerte. Prima nei campi, poi come domestica, fino a Roma, al servizio di un cardinale, accanto al quale viaggiò per trent’anni seguendo le rotte dei nunzi apostolici tra i continenti. Solo i libri, quelli veri, le erano sempre rimasti negati.
Eppure oggi, in un’aula piena di compagni molto più giovani, molti dei quali venuti dal Gambia, dal Camerun, dalla Tunisia, dall’Honduras e dalla Costa d’Avorio, Amelia ha ricominciato. Ha studiato con lo stesso ardore con cui da giovane aveva affrontato la fatica. Ha scoperto il Teorema di Pitagora come chi svela un mistero antico e mai raccontato. Alle gite scolastiche non è mai mancata: a Serri, a Orroli, tra compagni che la sostenevano quando la stanchezza bussava alle gambe. E a Natale ha fatto quello che la vita le aveva insegnato meglio: donare. Ha invitato a casa sua i ragazzi che sarebbero rimasti soli, cucinando agnello e specialità sarde, ricevendo in cambio un cesto di frutta raccolta con le mani di chi, come lei un tempo, oggi lavora nei mercati rionali.
Nell’Italia che fu, Amelia avrebbe potuto essere una delle allieve di Alberto Manzi, il maestro che negli anni Sessanta portò l’alfabeto dentro le case con "Non è mai troppo tardi". Lui che spiegava ai contadini e alle sarte, agli operai e alle domestiche, come si leggono le parole e la vita. Ma il tempo di Amelia è stato ancora più duro: quando Manzi insegnava l’alfabeto attraverso lo schermo, lei già puliva i pavimenti dei cardinali. Oggi, in ritardo di un secolo, ma con la stessa sete di allora, Amelia ha trovato la sua piccola aula televisiva, fatta di compagni e professori che, senza telecamera, l’hanno presa per mano.
"Non è mai troppo tardi", ripeteva Manzi. E mai come in questa storia le sue parole pesano di verità. Perché il sapere non ha età, e l’istruzione non è solo un diploma, ma un atto di dignità, di riscatto personale e collettivo. In un’Italia che spesso si lamenta dei giovani che disertano i libri e dei vecchi che si adagiano, Amelia Casti è un monumento silenzioso. Ricorda, a chi ha occhi per guardare, che lo studio è ancora il mestiere più nobile che l’uomo possa esercitare su sé stesso.
Amelia, con la sua licenza media conquistata a 86 anni, è l’Italia che resiste, che riprende il filo della propria storia anche quando sembrava spezzato. È la lezione che il maestro Manzi avrebbe voluto raccontare.