Nel cuore dell’Università, affiorano le fondamenta più antiche di Sassari. Gli scavi archeologici condotti durante i lavori di ristrutturazione dei palazzi dell’Amministrazione Centrale dell’Ateneo (Piazza Università, ex Estanco, Palazzo Zirulia) hanno rivelato stratificazioni complesse e testimonianze materiali in grado di riscrivere intere pagine della storia urbana. Un’occasione unica per cittadini e appassionati: martedì 24 e mercoledì 25 giugno, con accesso controllato, sarà possibile visitare l’area degli scavi, aperta eccezionalmente al pubblico.
A presentare i risultati preliminari di questa importante scoperta sono stati il prorettore vicario Andrea Fausto Piana, la soprintendente Isabella Fera, la funzionaria archeologa Nadia Canu, il dirigente dell’area appalti Simone Loddo, il professor Marco Milanese, ordinario di Archeologia Medievale, e il sindaco di Sassari Giuseppe Mascia. La scoperta più rilevante è avvenuta nel cortile dell’ex Estanco, durante i lavori per la realizzazione di una nuova scala antincendio e di strutture “frangisole” per impianti: un intervento tecnico che ha innescato un viaggio a ritroso nei secoli.
Le indagini, coordinate dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Sassari e Nuoro, hanno portato alla luce strutture murarie medievali, canalizzazioni, impianti produttivi, discariche, sepolture e, forse, i resti di una torre quadrangolare. Secondo le prime analisi, i materiali più recenti risalirebbero a un periodo compreso tra la fine del XV e il XVII secolo, contribuendo a delineare meglio le origini del Collegio Gesuitico, nucleo primigenio dell’Università di Sassari.
Fra gli elementi più suggestivi: due fasi distinte di quella che potrebbe essere stata una cinta muraria medievale, una struttura in blocchi bugnati che potrebbe corrispondere a una torre già ipotizzata in una tavola storica di Enrico Costa del 1899, e depositi funerari che rivelano l’intreccio tra spazio urbano e dimensione sacra.
Il progetto di scavo è diretto da Nadia Canu, con l’archeologa Sara Solinas della cooperativa Musarte in campo. Il supporto scientifico è affidato al professor Milanese, mentre lo studio dei reperti proseguirà nel Laboratorio di Archeologia Medievale dell’Università in collaborazione con il funzionario Matteo Pipia. Le analisi genetiche dei resti umani saranno invece curate dal professor Francesco Cucca, ordinario di Genetica Medica.
Il progetto di ristrutturazione, del valore di 7,5 milioni di euro, è finanziato dal Fondo per lo Sviluppo e la Coesione e gestito dall’Area Appalti ed Edilizia dell’Ateneo, con Simone Loddo come RUP e Piersimone Simonetti alla Direzione Lavori.
I reperti, per motivi di conservazione e profondità, non saranno visibili in modo permanente, ma verranno protetti sotto la nuova pavimentazione e resi ispezionabili attraverso botole. Università e Soprintendenza hanno già annunciato la volontà di valorizzare questi ritrovamenti con pubblicazioni scientifiche, modelli 3D, video mapping e altre tecnologie digitali innovative, nell’ambito di un progetto più ampio di ricostruzione e divulgazione della storia urbana sassarese.
A Sassari, dunque, le radici della città non smettono di parlare. E questa volta lo fanno proprio sotto i piedi di chi ogni giorno studia e costruisce il futuro.