Cagliari. Giancarlo Siani. Giovane cronista napoletano. Fu ucciso il 24 settembre di 40 anni fa dalla camorra. Rientrava a casa con la sua Citroen Mehari verde. Aveva appena 26 anni. Due killer del clan Nuvoletta gli scaricarono addosso dieci colpi di pistola. Freddandolo. Era un giornalista "abusivo", perché senza contratto, del Mattino di Napoli. Si occupava di criminalità. La sua memoria è ancora viva a distanza di 40 anni. Oggi, nell'anniversario del delitto, lo ha ricordato anche il Capo dello Stato. Mattarella. "Uccidere i giornalisti - ha detto - è uccidere le nostre libertà". Verità semplice e sacrosanta. In Sardegna i giornalisti non si eliminano a colpi di arma da fuoco. Però li si colpisce duramente con le querele per diffamazione. Arma micidiale usata dai politici. Il paradosso è, citando la mia realtà, che attraverso l'Osservatorio ho rivelato le trame corruttive e di malaffare di una certa classe dirigente. Che è stata poi regolarmente inquisita. A conferma delle mie rivelazioni. Ma quella frangia politica, nel momento del suo massimo fulgore, ha fatto fuoco su di me con una raffica di querele per diffamazione. Pericolose come lame affilate. I pm cagliaritani non hanno minimamente tenuto conto del disegno intimidatorio nei miei confronti. Al contrario dei colleghi di Tempio. Che invece hanno archiviato le denunce contro di me. E pensare che tra i miei accusatori qualcuno si è sottratto al processo. Ritirando le pretestuose e temerarie accuse nei miei confronti. Come ha fatto l'ormai ex Governatore Christian Solinas. La libertà di espressione, di critica è ad alto rischio. Il giornalista è senza tutele. E su questo confida chi vuole chiudergli la bocca. Senza bisogno di sparare. Mario Guerrini.
Giancarlo Siani, pochi giorni prima di essere ucciso.