La giunta di Alessandra Todde sembra aver preso la scorciatoia più facile, quella delle poltrone dorate. Siamo passati dalla battaglia contro il "poltronificio" a una sfilza di nomine che sanno tanto di spartizione politica. Dieci capi di gabinetto, con stipendi da 123.698 euro l'anno, sono già stati assegnati, ma mancano ancora i nomi per affiancare il vice presidente della giunta e assessore del Bilancio, Giuseppe Meloni, e l'assessora degli Affari generali, Marilena Motzo.
I ruoli sono stati resi pubblici sul sito della Regione Sardegna. Questi incarichi, previsti non dalla criticatissima legge Solinas sui maxi-staff, ma dalla legge regionale 32 del 1988, sono stati pensati per supportare i componenti della giunta nei rapporti esterni e con gli apparati politici e amministrativi, fornendo un necessario supporto tecnico-professionale.
Vediamo alcuni nomi: capo di gabinetto della presidente, Luca Caschili; alla Cultura, Andrea Dettori di Sinistra Futura, docente che già conosce bene il ruolo avendolo ricoperto nella giunta Pigliaru; e Pierpaolo Fois, dipendente del Comune di Quartu, per l'assessore degli Enti locali e Urbanistica, Francesco Spanedda (Uniti per Todde).
E mentre si aspetta di conoscere gli ultimi due nomi mancanti, ci si chiede: dov'è finita quella tanto sbandierata battaglia contro i poltronifici? Si ha l'impressione che, sotto la facciata delle buone intenzioni, si perpetui la vecchia abitudine di sistemare amici e alleati. Un metodo ormai consolidato, che sembra non conoscere fine, anche sotto l'egida della "nuova politica".
Insomma, la giunta Todde non sta facendo altro che ripercorrere vecchi schemi, mascherandoli con la necessità di un supporto tecnico-professionale.
Ma siamo davvero sicuri che questo sia il modo migliore per governare? Oppure ci troviamo di fronte all'ennesima dimostrazione di come la politica, alla fine, si riduca sempre a un gioco di potere e spartizione?
Aspettiamo che vengano resi noti i nomi dei direttori generali, ma intanto il quadro appare chiaro: la rivoluzione promessa si è fermata alla porta del poltronificio. E la politica sarda continua a girare su se stessa, nella danza senza fine delle nomine e dei favoritismi.