Alghero, campi boe nelle baie di Capo Caccia: il Centro Studi Agricoli alza il muro

C'è chi il mare lo osserva con rispetto, chi lo studia, chi lo difende. E c’è chi – secondo il Centro Studi Agricoli – prova a incatenarlo, trasformando la costa in un parcheggio galleggiante, a pagamento. Con un report tecnico critico datato 18 giugno 2025, l’associazione indipendente impegnata nella tutela del territorio prende posizione netta contro la predisposizione dei nuovi campi boe nelle baie tra Capo Caccia e Alghero, una delle aree a più alto valore ambientale e turistico della Sardegna.

«Si tratta di un intervento calato dall’alto – si legge nel documento – portato avanti in assenza di un vero coinvolgimento delle comunità locali», con gravi criticità sotto il profilo ambientale, economico e, soprattutto, del principio costituzionale di libero accesso al mare.

Le località interessate non sono luoghi qualunque. Si parla di Porto Conte, Cala Dragunara, Cala Tramariglio, Punta Giglio, siti naturalistici di pregio assoluto, molti dei quali inseriti nell’Area Marina Protetta di Capo Caccia-Isola Piana. Da decenni questi specchi d’acqua ospitano la balneazione libera, la piccola nautica da diporto e sono vissuti in modo armonico da residenti e turisti.

Il rischio ora, secondo il Centro Studi, è quello di una trasformazione forzata: da spazi comunitari a porzioni di mare rese disponibili solo a pagamento, sottratte alla libera fruizione in nome di un modello elitario.

Il documento è puntuale. L’introduzione dei nuovi ormeggi a pagamento comporterebbe, stando alle stime, una riduzione drastica dei transiti nautici giornalieri. In cifre: una perdita economica stimata in almeno 5 milioni di euro all’anno per l’indotto locale, che comprende ristorazione, portualità, escursioni, trasporti e commercio. Il danno, dunque, non riguarderebbe solo la libertà di navigazione, ma anche l'economia reale di un territorio che vive di mare.

Sul piano ambientale, la preoccupazione si concentra sull’impiego dei corpi morti per l’ormeggio: se installati senza adeguata progettazione, potrebbero danneggiare le praterie di Posidonia oceanica, habitat tutelato a livello europeo. A questo si aggiungono rischi legati al sovraffollamento e agli scarichi inquinanti.

Ma è soprattutto la gestione a suscitare allarme: l’affidamento a privati delle concessioni rischia, secondo il Centro Studi, di alimentare un sistema di gestione privatistica del mare pubblico, in netto contrasto con i principi della Costituzione.

A rendere il tutto più grave è l’assenza, denunciata nel report, di trasparenza e concertazione pubblica. Nessuna vera consultazione, nessun tavolo tecnico, nessuna valutazione socio-economica indipendente. Solo decisioni imposte, senza analisi delle alternative.

Il Centro Studi Agricoli chiede l’immediata sospensione dei lavori e l’attivazione di un percorso partecipato, in cui siedano allo stesso tavolo istituzioni, operatori, imprese turistiche e cittadini. Serve, si legge, una valutazione ambientale e socio-economica indipendente, con dati aggiornati e accessibili. E serve, soprattutto, la tutela del diritto di accesso al mare per tutti: «La costa non è una proprietà da monetizzare, ma un bene comune da preservare».

Infine, un appello rivolto direttamente all'amministrazione comunale di Alghero: «Quali azioni ha e sta programmando l’amministrazione? Perché il presidente del Consiglio comunale Mimmo Pirisi non convoca una riunione aperta del Consiglio sull’argomento?».

Lo stile è quello sobrio e deciso dei resistenti. Nessun proclama, ma un messaggio chiaro: «Il mare non è in vendita. E il Centro Studi Agricoli – conclude il documento – si opporrà con ogni mezzo democratico a un progetto che mette a rischio ambiente, economia e diritti».
A Capo Caccia, oggi, si gioca una partita che riguarda non solo le boe, ma il modello di sviluppo e convivenza che si vuole per il futuro della Sardegna.

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