In questo strano angolo d'Europa chiamato Italia, mentre il Vecchio Continente sembra armarsi fino ai denti preparandosi a chissà quale apocalittica guerra futura derivante dallo scontro russo-ucraino – vedi le ultime mosse della Francia di Macron e le lezioni di guerra nelle scuole tedesche – qui ci si dilettiamo in discussioni che rasentano il paradosso, se non il tragicomico.
L'ultimo caso di geniale irrelevanza? Il generale Vannacci e il suo nuovo libro, assurto a tema di dibattito nazionale come se fosse la chiave di volta per la salvezza del paese. Ah, l'Italia!
Sì, perché mentre altrove si discute di come preparare i cittadini a un mondo sempre più instabile e potenzialmente conflittuale, da noi il tempo si ferma per occuparsi delle ultime censure sulla parola piuttosto che sulle reali minacce belliche.
Gli scaffali degli alimentari si svuotano, i prezzi salgono alle stelle, e le risorse scarseggiano, ma chi se ne importa quando ci sono le ultime peripezie dei Ferragnez da commentare o, appunto, le vicende di un generale che probabilmente nessuno conosceva fino allo scorso agosto?
Il dibattito pubblico si abbassa a livelli che farebbero invidia al gossip più becero. Non che ci sia qualcosa di intrinsecamente sbagliato nel discutere di cultura, anzi. Ma la propensione all'irrilevanza e il costante distogliere lo sguardo dai veri problemi – leggasi: una politica estera e di difesa degna di questo nome – sembrano diventati lo sport nazionale.
Forse è questo il segreto dell'italico "stare al mondo": un'arte sofisticata del distacco, un'indifferenza coltivata con cura che ci permette di vivere serenamente mentre intorno a noi tutto sembra precipitare.
E se da un lato c'è chi potrebbe invidiarci per questa capacità di non lasciarci sopraffare dalle ansie del presente, dall'altro ci si potrebbe chiedere se, in fondo, non stiamo semplicemente ignorando la realtà.
Ma va bene così, d'altronde chi siamo noi per giudicare? Continuiamo a discutere del nulla, mentre il mondo brucia. Dopotutto finché la barca va, lasciala andare. E che importa se non abbiamo nemmeno l'idea di dove stiamo andando, giusto?