Da semplice scrittore ad artigiano delle parole

In ricordo di Sergio Atzeni: Il cantore della Sardegna - Quasi trent'anni senza di lui

Passavamo sulla terra leggeri come cifra della sardità

  Nel cuore sconfinato della Sardegna, dove il vento narra storie antiche tra le pieghe del tempo, il nome di Sergio Atzeni risuona come un'eco indomita. 

  Oggi, a quasi trent'anni dalla sua scomparsa avvenuta il 6 settembre 1995, il suo ricordo non è sfumato, ma si è invece intrecciato nel tessuto stesso delle colline e dei mari sardi. 

  Cominciavo a intuire, come Atzeni aveva scritto, che la storia narrata era la storia delle donne e degli uomini che hanno vissuto prima di noi, "nell'isola dei danzatori, madri e padri forse a noi simili per dolcezza e sorrisi o per la follia che non sappiamo dove nasca." E così cantavamo, morivamo, danzavamo "di padre in figlio, crescendo di numero e di esperienza dell'isola. Eravamo felici." 

  Atzeni mi ricorda l'adolescenza. Mi riporta ai corridoi del liceo classico, alle notti insonni prima dell'esame di maturità passate in compagnia di compagni di classe a sostenere i celeberrimi studi "matti e disperatissimi" di leopardiana memoria. 

La fuga dall'adultità, dalla distanza verso una terra che, grazie a lui, ho vissuto con più interesse, quasi passione. "Bellas Mariposas", che con il suo linguaggio quasi da strada, ha rivelato una Cagliari che non ho mai conosciuto e mai conoscerò ma scatenando un tumulto in me una forte empatia e partecipazione.

  Sergio Atzeni ha rappresentato un grande scrittore e ispiratore per comprendere l'amore per la Sardegna, una terra di cui prima, paradossalmente, non avvertivo l'importanza. 

  La voce di Atzeni, che ci narra come "chiamavamo noi stessi s'ard, che nell'antica lingua significa danzatori delle stelle", risuona in ogni angolo dell'isola. La stessa isola dove per mille anni, come diceva, abbiamo combattuto e vissuto, lasciando tracce come i nuraghe e le navi di bronzo. 

  E se la Sardegna, con le sue radici profonde e le sue tradizioni secolari, è stata per Atzeni un faro inesauribile, per me le sue parole sono state una bussola. Un mezzo per riscoprire e amare l'isola che calpestavo con indifferenza. 

  Chi era Sergio Atzeni? Più di uno scrittore, era un artigiano delle parole. Saettava tra il sardo e l'italiano, plasmando una prosa che danza tra terra, mare, vento e passione. E mentre si perde tra le pagine dei suoi racconti, è come se Atzeni fosse ancora lì, sussurrando storie nell'orecchio, ridendo, piangendo, vivendo. 

  Trent'anni possono sembrare tanti, eppure, quando si apre una pagina scritta da Atzeni, il tempo sembra fermarsi. Come tutte le grandi anime, Sergio Atzeni non muore mai veramente. Vive nelle sue parole, vive nelle storie che ha raccontato, vive nella terra e nel vento della Sardegna. Anche perché in fondo come sardi dalle origini e ancora oggi "passavamo sulla terra leggeri come acqua, disse Antonio Setzu, come acqua che scorre, salta, giù dalla conca piena della fonte, scivola e serpeggia fra muschi e felci, fino alle radici delle sughere e dei mandorli o scende scivolando sulle pietre, per i monti e i colli fino al piano, dai torrenti al fiume, a farsi lenta verso le paludi e il mare, chiamata in vapore dal sole a diventare nube dominata dai venti e pioggia benedetta" e oggi, ricordando l'uomo, lo scrittore e artista, possiamo solo dire grazie. Grazie, Sergio, per averci regalato una Sardegna eterna, fatta di storie, passioni e poesia. E grazie, perché con la tua penna, hai ridisegnato i contorni della Sardegna nel mio cuore.

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