La vicenda di Giovanni Di Presa, l'insegnante di Castelfidardo assolto dopo sei anni da accuse di molestie e maltrattamenti, si impone con la forza di un dramma che va ben oltre la sfera personale. Questa storia ci costringe a riflettere sulle conseguenze devastanti di un'accusa infondata e sul modo in cui il femminismo, strumentalizzato, può trasformarsi in un'arma di ingiustizia.
Il "complotto" ordito da tre studentesse tredicenni, come ha definito la Corte d'appello, nasce da un atto di disciplina - il sequestro di uno smartphone - e si trasforma in un incubo lungo sei anni per un uomo innocente. Le accuse, gravi e infamanti, hanno portato Di Presa a vivere un "inferno", come egli stesso ha descritto, isolato dalla società e addirittura prossimo a pensieri di autolesionismo.
È una tragedia che ci interpella tutti. Questo caso è la dimostrazione di come l'abuso del principio di credibilità automatica, fondamentale nella lotta contro le violenze di genere, possa degenerare in ingiustizie clamorose.
Come società, dobbiamo guardare a questa vicenda come a un monito: la difesa dei diritti e la lotta contro gli abusi non possono prescindere da un'attenta verifica dei fatti e dal rispetto del principio di presunzione di innocenza.
Giovanni Di Presa è stato vittima non solo di un'accusa falsa, ma anche di un sistema che, nel timore di non credere alle potenziali vittime, talvolta si dimentica della necessità di una giustizia equilibrata e imparziale. La sua storia ci parla di una società troppo spesso pronta a giudicare, a condannare senza appello, sulla base di pregiudizi o di sentimenti, più che su fatti concreti e provati.
Non possiamo permettere che il femminismo, movimento nobile e necessario, venga strumentalizzato per fini vendicativi o manipolativi.
La vera lotta per l'uguaglianza e contro la violenza passa attraverso l'onestà, la responsabilità e la ricerca della verità.
La giustizia, finalmente arrivata per Di Presa, non cancellerà gli anni di sofferenza, di isolamento, di stigma. La sua vicenda dovrebbe servirci da lezione: ogni accusa deve essere valutata con serietà, ma anche con un approccio critico, consapevoli che, a volte, dietro un'accusa ingiusta, si nasconde una seconda vittima, silenziosa e dimenticata.
Questa storia, così dolorosamente umana, ci invita a riflettere sulla fragilità delle nostre vite davanti alla parola e all'accusa. La menzogna, in questo caso, ha avuto un prezzo troppo alto, e il debito è di tutta la società.