Quasi un mese è trascorso dalle elezioni in Sardegna, e ci troviamo ancora qui, in balia di un'attesa interminabile. "Verso la proclamazione di Todde governatrice, manca il verbale": questa la sintesi di una situazione che sembra sospesa nel limbo burocratico, dove la differenza tra esserci e non esserci si misura in fogli di carta ancora non battuti a macchina.
Alessandra Todde sta per diventare ufficialmente la prima donna a guidare la Sardegna in 75 anni di storia autonomistica dell'isola, con un distacco di 3.061 voti dal suo avversario Paolo Truzzu. Un dato, questo, che "non dovrebbe spingere lo sconfitto a presentare ricorso", ma che ci spinge invece a riflettere sull'attesa di un verbale come se fosse l'oracolo di Delfi.
Nel frattempo, Todde parla già da presidente in pectore, annunciando che "oggi sarà una giornata di festa e di lavoro con gli eletti". La politica si è trasformata in una scena teatrale dove tutti conoscono già il finale, ma devono comunque aspettare che cali il sipario. "Parleremo di priorità e di tempi", dice la governatrice ai giornalisti, con una fretta che sembra sottolineare l'urgenza di dimenticare la pantomima delle attese post-elettorali e di passare alle cose serie. Eppure, il fatto che si debba ancora parlare di "verbale definitivo" come di un totem burocratico da adorare in attesa di benedizione, dimostra quanto sia grottesca la situazione a quasi un mese dall'interminabile scrutinio ormai passato alla storia.
Mentre la Sardegna attende che i suoi destini si compiano sulla scrivania della Corte d'Appello di Cagliari, la politica nazionale e regionale dibatte, dove le dichiarazioni di vittoria e le agende di lavoro si sovrappongono ai tecnicismi e alle formalità.
E così, mentre Alessandra Todde si prepara a scrivere la storia come la prima donna alla guida della Sardegna, non possiamo fare a meno di chiederci: dopo tutta questa attesa il pubblico, i cittadini, stanco di assistere a queste rappresentazioni, quando deciderà che è tempo di cambiare sceneggiatura?