C’è una materia che in Italia torna sempre uguale a sé stessa: quella in cui lo Stato riconosce un dovere soltanto quando glielo impone un giudice. E spesso dopo anni. La vicenda di Luigi Fiorentino, militare della Marina riconosciuto “vittima del dovere”, rientra in questa categoria: una storia di servizio, malattia, carte, sentenze. E famiglia.
Con la sentenza n. 146/2025 (pubblicata il 20 ottobre 2025), la Corte d’Appello di Cagliari – sezione distaccata di Sassari, Sezione Lavoro – ha accolto parzialmente l’appello presentato dagli eredi di Fiorentino, Lorena Guidarini e Orlando Fiorentino, contro Ministero della Difesa e Ministero dell’Interno. La Corte ha riformato in parte la decisione del Tribunale di Tempio Pausania (sentenza n. 19/2023), che aveva già riconosciuto l’adeguamento dell’assegno vitalizio a 500 euro mensili, oltre perequazioni, dalla data del decesso (29 agosto 2008), con pagamento delle differenze rispetto a quanto corrisposto fino a quel momento (258,23 euro).
Il punto che segna la “svolta”, come viene definita nel materiale diffuso insieme alla notizia, riguarda due aspetti: l’estensione dell’esenzione farmaceutica e il riconoscimento, in favore della vedova, del beneficio delle “due annualità” della pensione di reversibilità. Tradotto: oltre agli adeguamenti già stabiliti in primo grado, la Corte ha dichiarato il diritto degli appellanti “all’esenzione dalla spesa farmaceutica anche per i medicinali di fascia C” e ha accertato “il diritto di Lorena Guidarini all’attribuzione di due annualità, comprensive della 13^ mensilità, della pensione di reversibilità percepita, oltre accessori di legge dal 1.1.2008 se superiori alla perequazione applicata”.
Nel comunicato si quantifica in “circa 50mila euro” l’importo complessivo delle due annualità riconosciute alla vedova. Su questo dettaglio economico conviene tenere il tono che serve quando si parla di sentenze: la cifra è indicata come stima nella comunicazione, mentre il cuore della decisione sta nel principio e nel dispositivo, che parla di due annualità e accessori, non di una somma “fissa” uguale per tutti.
La storia personale, per come viene ricostruita nel testo diffuso, è quella di un militare che ha prestato servizio “per oltre trent’anni imbarcato come meccanico e motorista navale su unità di vecchia generazione, esposto per lunghi periodi ad amianto e sostanze cancerogene”. Luigi Fiorentino è deceduto a 56 anni il 29 agosto 2008 per carcinoma gastrico. Nel racconto vengono richiamati anche i riconoscimenti militari: Croce d’Argento, Croce d’Oro, Medaglia d’Onore e attestazioni per lunga navigazione.
Sul piano giudiziario, la sentenza d’appello colloca la questione dentro un quadro molto tecnico: l’equiparazione progressiva tra vittime del dovere e vittime del terrorismo/criminalità organizzata, con i limiti e le estensioni stabilite dal legislatore nel tempo e interpretate dalla giurisprudenza. La Corte, nelle motivazioni riportate, insiste sul carattere “progressivo” dell’equiparazione e richiama orientamenti della Cassazione che escludono un’assimilazione automatica e totale in ogni voce di beneficio. Proprio per questo, l’accoglimento è “parziale”: alcuni benefici richiesti dagli appellanti restano fuori, perché la normativa non li estende ancora alle vittime del dovere nelle stesse forme previste per le vittime del terrorismo.
Ma due domande, qui, sono decisive: cosa è stato riconosciuto in concreto e a chi. In concreto, oltre alla conferma dell’assegno vitalizio adeguato già disposto in primo grado, l’appello ha portato a casa l’esenzione farmaceutica estesa anche ai medicinali di fascia C e il riconoscimento delle due annualità della pensione di reversibilità alla vedova, con decorrenza 1 gennaio 2008. Quanto ai beneficiari: la Corte precisa anche un aspetto non secondario per evitare fraintendimenti, ossia che un’altra erede, Marcella Iolanda Fiorentino, presente nel primo grado, “non propone appello e, dunque, nei suoi confronti la sentenza costituisce giudicato”. Il che spiega perché in appello i nomi effettivamente in partita siano due.
Nel testo diffuso insieme alla notizia viene riportata anche la dichiarazione dell’avvocato Ezio Bonanni, che ha assistito la famiglia. È una dichiarazione che va letta per quello che è: un commento di parte, legittimo, non un fatto accertato in più rispetto alla sentenza. Detto questo, va riportata senza ritocchi, perché è il passaggio politico-comunicativo della vicenda: «Questa sentenza è innovativa – dichiara l’avvocato Ezio Bonanni – perché è un ulteriore passo avanti verso il pieno riconoscimento dei diritti delle vittime del dovere che devono essere equiparate a quelle del terrorismo, e restituisce dignità a una storia segnata da dolore e sacrificio. Luigi Fiorentino ha pagato il suo servizio allo Stato con una malattia devastante e una morte prematura, dopo sofferenze indicibili. Dietro questa vicenda ci sono una moglie e un figlio che, oltre alla perdita, hanno dovuto affrontare per anni una battaglia per vedersi riconosciuti diritti elementari. Lo Stato non può voltarsi dall’altra parte di fronte al sacrificio dei suoi servitori».
Il resto, qui, è la sostanza che spesso sfugge a chi guarda solo il titolo: la Corte non “riscrive” la storia, non inventa un risarcimento complessivo, non chiude ogni partita. Stabilisce, dentro i confini delle norme, due riconoscimenti ulteriori rispetto al primo grado. E lo fa in un campo – quello delle esposizioni ad amianto nelle forze armate e nei luoghi di lavoro pubblici – in cui il contenzioso continua a crescere e ogni decisione produce imitazioni, ricorsi, nuovi fascicoli.
La cronaca giudiziaria, alla fine, è questo: un nome, una data, un collegio, un dispositivo. E una famiglia che scopre che la parola “diritto” non è un sentimento: è una riga scritta in fondo a una sentenza.