Una tradizione che va in frantumi, letteralmente, con l'emanazione di una nuova ordinanza a Olbia. Il Sindaco Settimo Nizzi ha deciso di porre fine a uno dei riti più pittoreschi e rumorosi dei matrimoni: la rottura dei piatti.
Questo gesto, carico di simbolismo e allegria, secondo l'ordinanza, ha mostrato il suo lato meno festoso, divenendo una fonte di potenziale pericolo per gli invitati e un problema di decoro pubblico.
Il suono dei piatti che si frantumano sull'asfalto, simbolo di prosperità e buon augurio per gli sposi, sarà sostituito dal silenzio precauzionale delle normative.
Il Sindaco spiega che, nonostante l'intento festoso, i cocci abbandonati rappresentano un rischio concreto di ferite, soprattutto nei mesi estivi, quando sandali e piedi nudi diventano la norma tra i festeggiamenti.
Inoltre, non si può ignorare l'effetto sulla pulizia e sull'immagine della città. Olbia, con il suo crescente flusso turistico, non può permettersi di vedere le sue strade adornate da resti di ceramiche. Questa decisione, per quanto possa sembrare un brutale addio a un pezzo di folklore nuziale, si inserisce in un quadro più ampio di provvedimenti che il primo cittadino ha adottato nel tempo, come il divieto di fumo nei tavolini all'aperto dei bar, di imbrattare edifici pubblici e di rilasciare palloncini in occasione di festeggiamenti.
Tuttavia, dobbiamo chiederci: siamo di fronte a un inesorabile processo di sanificazione culturale in nome della sicurezza e del decoro? È questo il destino delle nostre tradizioni più radicate, essere soppresse sotto il peso delle normative moderne? Il progresso e la sicurezza sono indubbiamente necessari, ma a quale costo? La rottura dei piatti nei matrimoni, un costume forse minore ma ricco di significato, ci ricorda che ogni tradizione ha un suo ruolo nella tessitura della nostra identità culturale.
Quanto siamo disposti a sacrificare per un'immagine pulita e ordinata? La risposta non è semplice, e mentre alcuni potrebbero accogliere favorevolmente l'ordinanza come un passo verso una maggiore civiltà e rispetto per la collettività, altri vedranno nel frastuono dei piatti che non si rompono più l'eco di un'Italia che rischia di perdere pezzi di sé, lisciati e puliti fino a diventare irriconoscibili.
Forse, invece di vietare, si potrebbe cercare un compromesso che permetta di mantenere vive le nostre tradizioni senza mettere a rischio la sicurezza pubblica. Ma, per ora, a Olbia, il suono dei piatti che si infrangono rimarrà solo un ricordo, sostituito dal tintinnio silenzioso delle normative che continuano a modellare la nostra convivenza sociale. E chissà, forse un giorno, guardando indietro, potremmo chiederci se abbiamo fatto la scelta giusta.