La partita si apre con il Cagliari apparentemente deciso a dettare legge, ma basta
un soffio perché l’equilibrio si spezzi. E chi se non Makoumbou, l’uomo dalle idee
chiare quanto una bussola impazzita, poteva essere protagonista in negativo? Nel
tentativo di controllare Pierotti, riesce a trasformarsi in una porta girevole:
l’attaccante gli passa accanto con la grazia di un ballerino di tango, mentre il
centrocampista resta lì a chiedersi dov’è finito l’insegnante di marcatura. Risultato?
Gol del Lecce e partita in salita.
Ma è proprio quando il cielo si fa scuro che il Cagliari tira fuori l’orgoglio.
Sebastiano Luperto diventa il condottiero della retroguardia, cancellando con un
colpo di testa perentorio qualsiasi speranza di gloria leccese. La sua rete non è
solo una prodezza tecnica, ma un capolavoro di schiena. Dopo il pareggio, il
Cagliari cambia marcia. Le fasce laterali diventano autostrade senza pedaggio, con
Zappa e Obert a fare da bolidi lanciati a tutta velocità. E se Obert è un terzino, il
suo gol è da attaccante brasiliano: un sinistro a giro degno di finire in una
compilation di prodezze da far vedere ai nipotini. Mentre il Lecce ancora si
stropiccia gli occhi, i tifosi rossoblù festeggiano con l’entusiasmo di chi ha vinto alla
lotteria senza neppure aver comprato il biglietto.
Nel secondo tempo, l’ingresso di Marin segna la svolta definitiva. Il centrocampista
rumeno, che in questa squadra è come il maestro d’orchestra che arriva a
sistemare la sinfonia di dilettanti, inizia a distribuire palloni con la precisione di uno
chef stellato che dosa ogni ingrediente alla perfezione. Ogni passaggio è una
pennellata, ogni tocco un invito a nozze per i compagni. Al suo fianco, Deiola e
Gaetano portano freschezza e spavalderia: quest’ultimo si inventa un gol di rapina
e classe, facendo sembrare facile ciò che per gli altri è pura alchimia.
Zortea, che ormai sembra divertirsi a fare il "bomber" tra i difensori, chiude il sipario
con il quarto gol. Il suo colpo di testa su assist di Augello è l’emblema della serata
perfetta: tempismo, eleganza e una difesa del Lecce che lo guarda con la stessa
reattività di una statua di marmo.
Ma non tutto è oro quel che luccica. Se il risultato è stato brillante, alcuni dettagli
sono ancora da affinare. La leggerezza di Makoumbou nel perdere l’uomo non è
stata l’unica sbavatura: la squadra, nei primi minuti, sembrava muoversi con la
stessa convinzione di un turista spaesato alla ricerca di Google Maps. Un altro
momento di comicità involontaria è stato il tentativo di costruzione dal basso, che
per lunghi tratti ha ricordato più una lotta per non inciampare che una vera idea di
gioco.
Il Cagliari, dunque, ha mostrato gli artigli, ma deve ancora lavorare su qualche
unghia rotta. Tuttavia, questa vittoria è una dichiarazione d’intenti: quando il talento
incontra la determinazione (e quando Makoumbou trova il modo di evitare
figuracce), questa squadra può davvero sognare in grande.