È facile parlare di rivoluzione verde, di mobilità sostenibile e di decarbonizzazione quando si vive in una realtà ovattata, lontana dalle preoccupazioni quotidiane di chi deve lottare per mettere insieme il pranzo con la cena. Si riempiono la bocca di slogan ecologisti, si sbandierano obiettivi ambiziosi per il 2050, ma ci si dimentica di una domanda fondamentale: chi paga?
In Sardegna, come nel resto d'Italia, la maggior parte delle famiglie fatica ad arrivare a fine mese. Eppure, c'è chi pretende che queste stesse famiglie si indebitino per acquistare un'auto elettrica o ibrida, magari rottamando quella vecchia che, seppur inquinante, ancora funziona e permette loro di andare al lavoro. Ma i soldi, chi li dà ai sardi per cambiare le proprie automobili?
I dati parlano chiaro: su oltre un milione di veicoli circolanti in Sardegna, solo il 3% è costituito da auto ibride o elettriche.
Il resto del parco auto è vecchio, inquinante, ma soprattutto necessario. Perché dietro ogni auto Euro 0 o Euro 4 c'è una famiglia che non può permettersi di cambiarla. Non per capriccio, ma perché il bilancio familiare non lo consente.
Le istituzioni e le associazioni di categoria lanciano appelli per svecchiare il parco auto, propongono misure per promuovere la sostituzione dei veicoli più inquinanti. Ma queste misure, nella pratica, si traducono spesso in incentivi irrisori o in facilitazioni che non coprono neanche lontanamente il costo di un'auto nuova. E così, le belle parole restano tali, mentre la realtà quotidiana delle persone non cambia.
C'è un'ipocrisia di fondo nel modo in cui si affronta il tema dell'ecologia. Si punta il dito contro chi non ha le risorse per essere "green", senza considerare che l'ecologia è diventata un lusso per pochi. Si parla di carburanti climaticamente neutrali, di auto elettriche come soluzione a tutti i mali, ma si ignora il fatto che queste tecnologie hanno un costo elevato e che l'infrastruttura per supportarle è ancora carente.
Inoltre, si dimentica che la produzione di auto elettriche non è esente da impatti ambientali. L'estrazione di materiali rari per le batterie, lo smaltimento delle stesse a fine vita, la produzione di energia elettrica (che spesso proviene ancora da fonti fossili) sono tutti aspetti che andrebbero considerati con maggiore attenzione.
Pretendere che siano le famiglie più fragili a farsi carico della transizione ecologica è non solo irrealistico, ma profondamente ingiusto. È facile per chi ha disponibilità economiche parlare di scelte "green", ma per chi vive con salari minimi o pensioni ridotte, l'ecologia non può essere una priorità rispetto alla sopravvivenza quotidiana.
Si rischia di creare una società a due velocità: da una parte chi può permettersi di essere ecologico e dall'altra chi viene colpevolizzato per non esserlo, pur non avendone la possibilità. Questo approccio non farà altro che aumentare le disuguaglianze sociali e alimentare tensioni.
Se davvero si vuole affrontare il problema dell'inquinamento e della sostenibilità, è necessario cambiare prospettiva. Le istituzioni dovrebbero investire seriamente in soluzioni che non gravino sulle spalle dei cittadini più deboli. Questo significa:
Incentivi reali: Offrire contributi significativi per l'acquisto di veicoli meno inquinanti, coprendo una parte consistente del costo.
Infrastrutture adeguate: Potenziare la rete di trasporti pubblici, rendendola efficiente e accessibile a tutti, riducendo così la necessità di utilizzare l'auto privata.
Politiche energetiche coerenti: Investire nelle energie rinnovabili per ridurre l'impatto ambientale della produzione di energia elettrica.
Educazione e sensibilizzazione: Informare i cittadini sulle reali possibilità e sui benefici di scelte più sostenibili, senza colpevolizzazioni ma con proposte concrete.
Le illusioni del "green" rischiano di diventare un'ulteriore zavorra per chi già fatica a restare a galla. È tempo di smettere con le facili retoriche e di affrontare la realtà con pragmatismo e senso di giustizia. La transizione ecologica non può essere un privilegio per pochi, ma deve essere un percorso inclusivo, che tenga conto delle esigenze di tutti i cittadini.
La sostenibilità non si costruisce sulle spalle dei più deboli, ma attraverso politiche intelligenti, investimenti mirati e una visione che metta al centro le persone, non gli slogan. Solo così potremo davvero cambiare il mondo, senza lasciare indietro nessuno.
È ora di aprire gli occhi e guardare oltre le facili promesse. Il futuro si costruisce con i fatti, non con le illusioni.