“Senza assicurazione una petroliera non può muoversi. Il servizio assicurativo sulle petroliere è uno dei perni dominanti della logistica petrolifera, specialmente in situazioni geopolitiche belliche, tanto che l’assicurazione è uno dei costi maggiori. Questo problema avrà un impatto non solo sull’Italia, ma su scala globale: si scatenerà una speculazione finanziaria molto violenta”.
Michele Marsiglia, presidente di FederPetroli Italia, commenta così la decisione del Consiglio europeo che qualche giorno fa ha dato il via libera anche all’embargo alla vendita di servizi assicurativi per le petroliere che partono dai porti russi. E a ben poco servirà l’aumento della produzione sancito ieri dall’Opec+: “Si tratta di un aumento insignificante – spiega Marsiglia –, tanto che il prezzo del greggio ha avuto un’oscillazione tra i 113 e i 115 dollari al barile. Niente di che, visto che fino a qualche giorno fa le quotazioni erano a 118. Il mercato ha snobbato questa scelta dell’Opec+”. Con il sesto pacchetto di sanzioni la Ue ha dato il via libera al “divieto di importazione di petrolio dalla Russia via mare” a partire dal 2023, che, “combinato con le decisioni nazionali prese da Germania e Polonia, ridurrà le importazioni russe di petrolio del 92% entro la fine dell’anno”. Lo stop al petrolio via mare, “sarà integrato quanto prima da un divieto di importazione di petrolio dalla Russia tramite oleodotto”.
Che cosa significa tutto questo?
Partiamo da un dato. In questi tre mesi di conflitto ucraino si è sicuramente visto che la Russia è un hub fondamentale per l’indotto petrolifero internazionale, specialmente per l’Europa e l’Italia. Indotto internazionale che ovviamente viene penalizzato da quest’ultimo pacchetto di sanzioni. In che modo penalizzerà l’Italia?
A differenza del gas, che ha continuato ad arrivare, dal 2023 verrà colpito il flusso di trasporto del greggio via nave, che per l’Italia è importante.
Perché?
La raffineria Lukoil di Priolo, in Sicilia, viene approvvigionata esclusivamente via nave. Paradossalmente, in una sorta di autogol delle sanzioni, in questi tre mesi questa raffineria ha dovuto “ritirare” più petrolio russo, perché dagli altri Stati non poteva ricevere, a causa delle sanzioni, altro greggio.
Quindi si è registrato da marzo a oggi un piccolo aumento dell’import di petrolio russo rispetto ai 5,5 milioni di tonnellate, pari al 10% del totale nazionale, del 2021. Nel contempo, però, la Lukoil ha dovuto gestire grosse difficoltà, e ora con questo embargo subirà un impatto molto pesante, anche se ci sono circa 6 mesi per pensare a una riorganizzazione. Solo Priolo andrà in sofferenza?
No. La Lukoil non è l’unica raffineria che riceve petrolio russo, ci sono altre raffinerie e quindi l’impatto, per un Paese come il nostro che non è produttore di petrolio, sarà comunque forte per tutto l’indotto italiano. Un problema che non si può risolvere in pochi mesi, anche perché il petrolio russo, che serve per fare diversi tipi di prodotto raffinato, è un greggio molto quotato, non di bassa qualità.
Perché allora l’Italia importa solo 5,5 milioni di tonnellate di greggio russo?
Perché noi importiamo molto petrolio da Medio Oriente e Mediterraneo.