Lavoro nero, mancata formazione, dispositivi di protezione inefficaci o assenti. È il quadro che emerge dalle ispezioni condotte in Sardegna negli ultimi mesi, dove le forze dell’ordine hanno riscontrato una lunga serie di irregolarità in aziende, cantieri e pubblici esercizi. Violazioni che non restano numeri nei verbali, ma che si traducono in infortuni reali, spesso gravi. L’ultimo, due settimane fa.
«Come Uil Sardegna – afferma la segretaria generale Fulvia Murru – speriamo che con le misure introdotte dal Dl 159/2025, il cosiddetto decreto sicurezza, si riesca finalmente a invertire la rotta».
Il sindacato guarda con attenzione alle nuove disposizioni, ma chiede risposte concrete sul fronte del rafforzamento dei controlli. «Molte delle nuove norme – spiega Murru – sono indispensabili per ridurre gli infortuni: dall’obbligo del badge elettronico di cantiere, che consente di tracciare la presenza dei lavoratori, al potenziamento dei sistemi di protezione collettiva, come le reti di sicurezza nei lavori in quota, che dovranno essere privilegiati rispetto ai sistemi individuali».
Un passo avanti anche nella gestione dei dispositivi di protezione personale. «I datori di lavoro – prosegue la segretaria – dovranno garantire che gli strumenti individuali siano mantenuti in efficienza e controllati regolarmente, pena sanzioni severe».
I numeri, tuttavia, raccontano una realtà ancora distante dagli standard di sicurezza. Secondo i dati Inail 2024, in Sardegna sono state accertate 1.150 violazioni in materia di salute e sicurezza. Il settore delle costruzioni resta il più colpito (481 infrazioni), seguito da ristorazione e alloggio (224), manifatturiero (107) e commercio (92).
Il decreto sicurezza introduce anche la patente a crediti: chi impiega lavoratori in nero vedrà decurtati i punti fino alla sospensione dell’attività. «È una misura importante – osserva Murru – ma serve anche un cambio di mentalità. In Sardegna, nel 2024, sono stati individuati 962 lavoratori in nero, di cui 164 nelle costruzioni e 402 nella ristorazione. Le imprese hanno ancora alcuni mesi per mettersi in regola, ma la paura delle sanzioni non basta a fermare gli infortuni e le morti sul lavoro».
Da qui l’appello del sindacato: «Occorre rafforzare gli organici degli enti ispettivi, come previsto dal decreto, e investire su formazione e prevenzione. Regione, Comuni e aziende – conclude Murru – devono sedersi allo stesso tavolo per promuovere una cultura della sicurezza. Noi siamo pronti, lo abbiamo dimostrato con la firma del Protocollo di Buggerru. Ma a distanza di oltre un anno, quel documento è ancora fermo. Ed è tempo che torni a vivere».