La Sardegna ferma sulle rinnovabili: tra scelte politiche e futuro a rischio

  La Sardegna si impantana sulle rinnovabili. Il recente Disegno di Legge sulle Aree Idonee, presentato dalla Regione Sardegna, ha sollevato forti preoccupazioni tra gli esperti del settore energetico e gli ambientalisti. Il provvedimento, che avrebbe dovuto definire le aree adatte per l'installazione di impianti di energia rinnovabile, è stato giudicato come una mossa più politica che tecnica, lasciando l’isola in una situazione di stallo che rischia di compromettere seriamente il suo futuro economico e ambientale. Secondo l’analisi condotta da ITALIA SOLARE, associazione del terzo settore che promuove il fotovoltaico e le energie rinnovabili, il Disegno di Legge sembra essere una semplice reiterazione della moratoria esistente, senza alcuna valutazione tecnica o analisi approfondita del territorio. In parole povere, non sono state individuate aree idonee, ma si è solo deciso di continuare a bloccare l’avanzamento delle rinnovabili, affidandosi a criteri che appaiono più dettati dalla volontà politica che da un’effettiva strategia energetica. Paolo Rocco Viscontini, Presidente di ITALIA SOLARE, ha espresso con chiarezza il problema: "Questo DDL non individua le aree idonee, ma semplicemente reitera la moratoria e pertanto non è in alcun modo accettabile." 

  Il provvedimento, infatti, non fornisce alcuna spiegazione in merito ai criteri adottati per definire le zone idonee né fa riferimento a calcoli o stime che consentano di verificare se la Sardegna possa effettivamente raggiungere gli obiettivi definiti dal Piano Nazionale Integrato per l'Energia e il Clima (PNIEC). Ma il problema va oltre. Gli impianti a terra risultano essere praticamente impossibili da realizzare, persino nelle aree industriali, a causa delle restrizioni imposte dall’allegato G. Ciò significa che persino progetti già autorizzati o in fase di autorizzazione vengono bloccati, in aperto contrasto con le normative europee che invece promuovono l’adozione di energie rinnovabili. Il rischio di questo immobilismo è evidente: rallentare la transizione verso le rinnovabili significa condannare la Sardegna a un futuro energetico incerto e costoso. L'isola potrebbe ritrovarsi a dover continuare a fare affidamento su fonti fossili, in particolare sul carbone, con tutte le conseguenze che ciò comporta: emissioni di CO2, aumento delle malattie respiratorie e tumori, e un impatto ambientale devastante che accelera il processo di desertificazione. L’idea di puntare ancora sulla dorsale del gas, nonostante studi autorevoli abbiano già evidenziato la sua non convenienza per l'isola, rappresenta una scelta che rischia di lasciare la Sardegna indietro di decenni in termini di sostenibilità e innovazione. Con un costo dell'energia che rischia di aumentare ulteriormente, si aggraverebbe una situazione economica già complessa, rendendo la Sardegna ancora meno competitiva e più vulnerabile. 

  Quello che emerge è una Regione che sembra aver ceduto a pressioni e timori, rinunciando a una visione strategica per il futuro dell'isola. Mentre altrove si investe in tecnologie verdi, smart grid e mobilità elettrica, la Sardegna sembra bloccata in un pantano burocratico, incapace di guardare avanti e di offrire ai suoi cittadini un'alternativa energetica sostenibile e conveniente. Se non verranno adottate misure correttive, la Sardegna rischia di perdere una straordinaria opportunità per affrancarsi dalla dipendenza dai combustibili fossili e diventare un esempio di transizione energetica. La scelta è ora nelle mani dei decisori politici: continuare a reiterare vecchi modelli o abbracciare finalmente un futuro che sia all’altezza delle sfide del presente.

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